Seguiranno anche gli altri Paesi del sud Europa?
Le incomprensioni degli ultimi mesi sono ormai archiviate come un brutto ricordo da dimenticare. Tra Roma e Parigi il dialogo è ripreso e si sta facendo sempre più strutturato perché Italia e Francia, al di là delle dichiarazioni di facciata, sembrano condannate a camminare spalla a spalla su molti dossier europei a cominciare dal rebus sulle nomine nei “top jobs” delle istituzioni europee. Giuseppe Conte non appartiene a nessuno dei gruppi politici che stanno per dare vita alla nuova maggioranza a quattro nell’Europarlamento (popolari, socialisti, liberali e verdi) ma l’Italia, anche dopo la vittoria di Salvini alle europee, resta pur sempre un grande Paese fondatore del quale è difficile fare a meno.
Soprattutto quando sono in gioco questioni cruciali come il futuro dell’Eurozona e la stabilità dei mercati finanziari. Ecco perché Macron conta molto sull’alleanza di Conte per evitare che il successore di Mario Draghi alla guida della Bce sia il tedesco Jens Weidmann, 51 anni, dal 2011 presidente della Bundesbank dopo essere stato dal 2006 capo dei negoziatori tedeschi al G7 e al G20. Anche di questo hanno parlato venerdì sera a Malta, a margine del vertice dei Paesi Ue del Mediterraneo, Conte e Macron. L’idea che i due sembrano condividere è quella di sostenere una candidatura tedesca (o almeno gradita ai tedeschi) al vertice europeo del 20 e 21 giugno prossimi a Bruxelles quando si tratterà di seppellire definitivamente il progetto degli “spitzenkandidaten” e tracciare l’identikit del successore di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione.
Macron in un primo tempo aveva avanzato la candidatura della liberale danese, Margret Vestager (attuale commissario Ue alla concorrenza) a nuovo presidente della Commissione ma dopo le forti resistenze di Berlino, che continua a sostenere lo spitzenkandidat del Ppe, Manfred Weber, Macron ha lanciato direttamente la candidatura Merkel.
Obiettivo è quello di fare scoprire le vere carte alla Germania. In questa strategia l’Italia e i Paesi europei del Mediterraneo si trovano ad avere lo stesso interesse francese nell’avere alla guida della Bce un Presidente che sia in totale continuità con le politiche fin qui adottate da Mario Draghi. Strategia che può avere qualche possibilità di successo solo se alla Germania andrà, già prima della fine del mandato di Draghi, una delle principali poltrone europee: Presidente della Commissione, del Consiglio o del Parlamento Europeo. Prima di incontrare Macron alla Valletta, venerdì Conte spiegava così la posizione italiana: “Sono qui anche per chiedere che ci sia maggior coesione sulla presidenza della Bce tra gli Stati membri dell’Europa meridionale. A volte commettiamo l’errore di dividerci. Altri Paesi, ad esempio quelli del Nord, sono più coesi. Noi dobbiamo rispondere con maggior coesione perché altrimenti, in un contesto di 28 Paesi barra 27 in prospettiva, non riusciremo a tutelare gli interessi anche dal punto di vista geografico, perché ci sono delle sensibilità che ci accomunano”.
Ma Conte e Macron hanno affrontato anche la questione della procedura di infrazione contro l’Italia che è all’esame di Pierre Moscovici, commissario francese uscente agli Affari economici e finanziari. “Accolgo con favore gli impegni di Tria e Conte” – aveva detto venerdì mattina Moscovici – “so che agiscono in buona fede e con buona volontà per un accordo, ma ci servono più dati, più impegni, fatti e misure necessarie, perché alla fine le regole sono regole e i conti devono tornare”. La replica di Conte non si faceva attendere: “Non abbiamo bisogno di misure correttive. La lettera italiana di risposta è quasi pronta, la stiamo rivedendo ma l’importante sono i contenuti”. Eppure nel suo incontro a quattr’occhi con Macron alla Valletta Conte sarebbe apparso meno assertivo. L’Italia è pronta ad assecondare le strategie francesi sulle nomine ma chiede un atteggiamento più dialogante e morbido sulla procedura di infrazione. Un fatto è certo: la trattativa non è chiusa, anzi, resterà aperta fino alla vigilia del Consiglio Europeo.
@pelosigerardo
Le incomprensioni degli ultimi mesi sono ormai archiviate come un brutto ricordo da dimenticare. Tra Roma e Parigi il dialogo è ripreso e si sta facendo sempre più strutturato perché Italia e Francia, al di là delle dichiarazioni di facciata, sembrano condannate a camminare spalla a spalla su molti dossier europei a cominciare dal rebus sulle nomine nei “top jobs” delle istituzioni europee. Giuseppe Conte non appartiene a nessuno dei gruppi politici che stanno per dare vita alla nuova maggioranza a quattro nell’Europarlamento (popolari, socialisti, liberali e verdi) ma l’Italia, anche dopo la vittoria di Salvini alle europee, resta pur sempre un grande Paese fondatore del quale è difficile fare a meno.