Divergono le posizioni di Francia e Italia alla Conferenza internazionale sulla Libia: Macron punta alle elezioni anche in una situazione divisiva, Draghi spinge per dare spazio a tutte le voci politiche che si candidano
PARIGI – Sono passati dieci anni dall’intervento della Nato promosso dalla Francia di Sarkozy contro Gheddafi. E ora la Francia di Macron, dopo avere a lungo flirtato con la Cirenaica di Haftar contro il Governo riconosciuto dalla comunità internazionale di Tripoli (salvato dalle forze militari turche) prima a guida Serraj e ora Dbeibah, si offre come mediatore di un difficile, forse impossibile, processo di pacificazione nel Paese che dovrebbe portare in sole cinque settimane a un voto “simultaneo” presidenziale e politico per il 24 dicembre.
Una scommessa quasi impossibile ma Macron sembra crederci, anche se c’è molto di non detto fuori dalla sala della Conferenza internazionale sulla Libia. Non si dice, ad esempio, che alla Francia non dispiacerebbe affatto (come all’Egitto) l’idea del Presidente del Parlamento di Tobruk Aquila Saleh di un voto disgiunto il 24 dicembre solo per le presidenziali e poi in febbraio quello politico insieme al secondo turno delle presidenziali. L’Italia, invece, è per una simultaneità ma dopo avere avviato un processo inclusivo di tutte le forze politiche rappresentative. Insomma, Macron non lo dice ma l’idea che a candidarsi possa essere alla fine anche Haftar non sembra dispiacergli poi troppo. Un modo per riportare a galla e sostenere ancora il leader sconfitto della Cirenaica.
L’Italia vuole creare le condizioni perché siano i libici a decidere e non più altri Paesi per mire geopolitiche le più diverse. È in quest’ottica che il nostro Paese si è speso per la presenza alla conferenza di Parigi anche dei rappresentanti di Tripoli. Presenza inizialmente non prevista. In occasione delle riunioni preparatorie della Conferenza, la delegazione libica ha fatto presente che la co-presidenza di Tripoli al pari di Francia, Italia, Germania e Onu avrebbe costituito una precondizione per la partecipazione all’esercizio. La richiesta libica (sulla quale francesi e tedeschi erano inizialmente esitanti) è stata poi accolta da tutti i co-Presidenti che hanno auspicato modalità di partecipazione pienamente rappresentative, dunque comprensive di tutte le istanze dell’autorità esecutiva transitoria unificata (Consiglio Presidenziale e Governo di Unità Nazionale). La Conferenza ha visto così la partecipazione sia del Primo Ministro Dbeibah che quella del Presidente del Consiglio presidenziale al-Menfi.
Non si può certo dire che tra Italia e Francia tutti i problemi siano superati. La Francia punta alle elezioni anche in un quadro divisivo come elemento per avviare un processo di stabilità. L’Italia, più realisticamente, chiede un lavoro inclusivo come premessa per dare spazio e voce a tutte le forze politiche che si candidano a guidare il Paese. Eppure Macron, con a fianco Mario Draghi e Angela Merkel, ha enfatizzato l’azione europea “perfettamente allineata” e “coordinata” sulla Libia. Le prossime cinque settimane, ha detto il Presidente francese, saranno “determinanti” per attuare ciò che è stato concordato a Parigi in materia di elezioni e di ritiro delle forze straniere e dei mercenari.
Più in sintonia con la linea italiana è la Merkel, secondo la quale occorre “procedere alla riconciliazione delle varie forze libiche”. In vista delle elezioni, ha detto la Cancelliera, “alcune cose sono già state fatte, altre devono essere fatte e spero che i preparativi siano fatti in modo che i risultati delle elezioni siano accettati”. In ogni caso, per la Merkel condizione della “buona tenuta di queste elezioni è la stabilità e la sicurezza e dunque è importante che il ritiro dei mercenari stranieri non resti sulla carta”.
Draghi ha dato atto del “riaccostamento” tra le posizioni di Italia e Francia sulla Libia anche perché, ha aggiunto, “se non si va d’accordo non si aiuta la Libia”. In ogni caso, per Draghi è importante che le elezioni si svolgano il 24 dicembre in modo simultaneo, presidenziali e parlamentari (non in due tempi come vorrebbe il Presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, sostenuto da Francia ed Egitto). Ma per fare questo, dice Draghi, occorre una legge elettorale. “È quindi mio auspicio – ha aggiunto il Presidente del Consiglio – che questa legge vanga fatta con l’accordo di tutti, che lavoreranno insieme non nelle prossime settimane, ma nei prossimi giorni, perché è urgente per poter votare il 24 dicembre”.
Draghi ha ricordato come l’Italia abbia “sempre sostenuto con forza la necessità di un ruolo importante dell’Ue” nell’area, e ha richiamato l’impegno della comunità internazionale e di tutti gli attori libici per il successo della transizione istituzionale attraverso lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari dal 24 dicembre 2021. L’ottimismo di Draghi si basa sulla presenza dei due co-Presidenti libici della Conferenza, al-Menfi e Dbeibah. Questo significa che loro “hanno fatto proprio il percorso verso la stabilità, lo hanno discusso, concordato con tutti noi”. La presenza di al-Menfi e Dbeibah “è la dimostrazione che sono pronti a lavorare insieme verso appuntamenti molto complicati – osserva sempre Draghi – ma per i quali abbiamo fiducia che si risolveranno nel miglior modo per la Libia”.
Un altro pilastro della stabilità della Libia per Draghi riguarda la sicurezza, che è possibile, come si evince dal fatto che non c’è più guerra da un anno e mezzo. Il Piano d’Azione elaborato dalla Commissione militare congiunta è per Draghi un importante passo avanti e “il ritiro di alcuni mercenari stranieri prima delle elezioni aiuterebbe a rafforzare la fiducia fra le parti”. Occorre poi, per Draghi, accelerare le riforme economiche, approvando un bilancio nazionale unico e consolidando la banca centrale, per finanziare la ripresa delle attività del popolo libico. Ma uno dei quattro pilastri indicati dal premier italiano per la stabilità del Paese riguarda i diritti umani, “una questione che va affrontata lavorando tutti insieme”.
Una scommessa quasi impossibile ma Macron sembra crederci, anche se c’è molto di non detto fuori dalla sala della Conferenza internazionale sulla Libia. Non si dice, ad esempio, che alla Francia non dispiacerebbe affatto (come all’Egitto) l’idea del Presidente del Parlamento di Tobruk Aquila Saleh di un voto disgiunto il 24 dicembre solo per le presidenziali e poi in febbraio quello politico insieme al secondo turno delle presidenziali. L’Italia, invece, è per una simultaneità ma dopo avere avviato un processo inclusivo di tutte le forze politiche rappresentative. Insomma, Macron non lo dice ma l’idea che a candidarsi possa essere alla fine anche Haftar non sembra dispiacergli poi troppo. Un modo per riportare a galla e sostenere ancora il leader sconfitto della Cirenaica.