La vittoria degli indipendentisti di Nicola Sturgeon costituisce il punto di partenza della lunga marcia di Edimburgo verso l’indipendenza e la reintegrazione nella Ue
La vittoria degli indipendentisti di Nicola Sturgeon costituisce il punto di partenza della lunga marcia di Edimburgo verso l’indipendenza e la reintegrazione nella Ue
Giovedì, nel Regno Unito, 48 milioni di cittadini si sono recati alle urne per rinnovare 143 consigli comunali, i sindaci di 13 città, tra cui Londra, e i Parlamenti locali di Scozia e Galles. I risultati sono ancora parziali per la lentezza dello spoglio, dovuta al Covid, ma è chiaro che i Tory di BoJo hanno stracciato i Labour di uno Starmer in grande difficoltà, per aver perso comuni simbolo della cosiddetta Red Wall.
Vorrei però soffermarmi sul risultato scozzese, dal momento che noi di eastwest abbiamo paventato fin dal referendum Brexit che avremmo dovuto monitorare l’evoluzione del sentimento unionista nel Regno, a rischio disgregazione. In effetti, la premier scozzese Nicola Sturgeon ha dichiarato che porterà avanti i piani per un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito, dopo che lo Scottish National Party ha vinto la sua quarta elezione consecutiva.
Il conteggio delle schede per il rinnovo del Parlamento scozzese si è concluso nella tarda serata di sabato e ha visto la vittoria dell’SNP, che si è aggiudicato 64 seggi sui 129 disponibili (con 65 avrebbe avuto la maggioranza assoluta). I Greens, l’altro partito a favore dell’indipendenza, hanno ottenuto 8 seggi: nel Parlamento regionale scozzese esiste quindi una maggioranza esplicitamente a favore dell’indipendenza. I Tories e i Labour, entrambi unionisti, hanno ottenuto rispettivamente 31 e 22 seggi.
“Dato il risultato di queste elezioni, semplicemente non c’è alcuna giustificazione democratica per Boris Johnson o per chiunque altro cerchi di bloccare il diritto del popolo scozzese di scegliere il proprio futuro”, ha detto la premier scozzese, e se i Tories ci dovessero provare dimostrerebbero “che il Regno Unito non è una partnership di pari e che Westminster non vede più la Gran Bretagna come un’unione volontaria di nazioni”.
In Scozia, un referendum sull’indipendenza c’è già stato, nel 2014: allora, il 55% degli elettori votò per rimanere nel Regno Unito. Nel mezzo però c’è stata la Brexit, dove il 62% degli scozzesi ha votato per la permanenza nell’Unione europea. Da allora, si è fatta strada l’idea di un nuovo referendum, di cui lo Scottish National Party è stato il maggior promotore.
Prima dei risultati finali delle elezioni di Holyrood, Johnson aveva scritto sul Daily Telegraph che sarebbe stato “irresponsabile e sconsiderato” parlare di “fare a pezzi il nostro Paese” con un referendum sull’indipendenza, in un momento in cui le persone volevano riprendersi dalla crisi del coronavirus.
Sabato, le parole del premier britannico sono state più morbide, dopo essersi congratulato con Nicola Sturgeon e con il premier gallese Mark Drakeford, anche lui rieletto in Galles; li ha invitati a un summit “per discutere le sfide condivise”. Johnson ha invocato uno “spirito di unità e cooperazione” nell’affrontare le difficoltà che il Covid ha causato. La premier scozzese ha ribadito che nessun referendum avrà luogo finché la pandemia non sarà finita. D’altra parte, i sondaggi di opinione suggeriscono cautela: gli elettori scozzesi sono essenzialmente divisi 50-50 sulla questione e una vittoria degli indipendentisti non è così scontata.
In conclusione, un paio di considerazioni politiche:
è evidente che il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta impone a Nicola Sturgeon maggiore cautela nel perseguimento dell’obiettivo referendum. Credo tuttavia che il risultato elettorale influirà sui tempi ma non sul target;
il successo di Johnson è ascrivibile alla fenomenale campagna vaccinale e al ritorno alla normalità, grazie alla quale può garantire ai suoi cittadini – in anticipo sul resto del mondo – una ripresa della vita economica e sociale dopo un anno terrificante. Credo che le forze di maggioranza del Governo Draghi non possano trascurare questa lezione: alcuni l’hanno capito (Salvini e la Lega), altri meno (Letta e il Pd).
una volta che la Scozia dovesse ottenere l’indipendenza, la sua richiesta di riammissione alla Ue dovrebbe essere approvata da tutti gli Stati membri, con l’incognita di Madrid e del suo riflesso pavloviano derivante dalla spina catalana. Una ragione di più per sperare che la Conferenza sul futuro dell’Europa, che comincia i suoi lavori in questi giorni, ci conduca ad abolire il voto all’unanimità.
La vittoria degli indipendentisti di Nicola Sturgeon costituisce il punto di partenza della lunga marcia di Edimburgo verso l’indipendenza e la reintegrazione nella Ue
Giovedì, nel Regno Unito, 48 milioni di cittadini si sono recati alle urne per rinnovare 143 consigli comunali, i sindaci di 13 città, tra cui Londra, e i Parlamenti locali di Scozia e Galles. I risultati sono ancora parziali per la lentezza dello spoglio, dovuta al Covid, ma è chiaro che i Tory di BoJo hanno stracciato i Labour di uno Starmer in grande difficoltà, per aver perso comuni simbolo della cosiddetta Red Wall.
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