C’è solo sete di giustizia dietro l’operazione Macron-Draghi per gli ex terroristi arrestati in Francia?
“La comprensione storica non condanna né assolve. Al massimo prende atto delle ragioni che determinano i successi e i fallimenti”, scrive Gustavo Zabreleski a proposito degli ex terroristi arrestati in Francia, che sembra “rinnegare” la dottrina Mitterand e “chiudere” dopo decenni la stagione degli anni di piombo italiana. Zagrebelski invita a non confondere i quattro livelli della questione: storico, politico, giuridico ed emotivo. Ma forse se ne può aggiungere anche un quinto: il piano relativo alla futura postura strategica ed economica italo-francese nell’Europa del dopo pandemia.
Non è un mistero per nessuno che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia consolidato in questi anni un rapporto privilegiato con Parigi. Si deve a lui se la crisi innescata dai grillini alleati dei gilet gialli si sia risolta senza gravi danni nelle relazioni tra i due Paesi. Non è un mistero neppure che tra Draghi e Macron il dialogo sia costante e la Francia guardi proprio a Roma come compagno di viaggio naturale nel vagone di testa dell’Unione nel momento in cui la Cancelliera tedesca Angela Merkel lascerà il suo incarico.
Certo, ci sono le esigenze della politica che pure richiama Zagrebelski: Macron teme le elezioni del 2022 e soprattutto una deriva di destra che potrebbe premiare la Le Pen. Cancellare con un tratto di penna la dottrina Mitterand potrebbe aiutare a recuperare terreno nell’elettorato di destra e poco male se questo provocherà inevitabili mal di pancia tra quegli intellettuali d’Oltralpe che avevano giustificato e accolto i “rifugiati” italiani. Anche dal lato italiano per Draghi esibire come un risultato politico il “trofeo” degli ex terroristi viene incontro all’esigenza di rendere meno incalzante l’opposizione di Fratelli d’Italia.
Ma se si ragiona appena un poco con la testa dei francesi, seguendo l’idea stessa che loro hanno di campioni mondiali della libertà e della democrazia sembra difficile che una “dottrina” come quella di Mitterand (confermata anche da Presidenti di destra come Chirac e Sarkozy) possa essere stata sacrificata se non come inevitabile contropartita di una partita più ampia, non solo politica ma anche economica. I dossier dove un eventuale trade-off più o meno esplicito si sarebbe potuto esercitare certo non mancano. Si va da Euronext a Vivendi, da Stellantis a Fincantieri Stx. Il Ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, è volato un mese fa a Roma per discutere con i Ministri Franco e Giorgetti di cooperazione nell’aerospazio e nella difesa. Poco prima era arrivato in Italia il Ministro degli Esteri Jean Yves Le Drian e il sottosegretario agli Affari europei Clement Baune per discutere di sicurezza, Mediterraneo e Libia. Senza contare che Italia e Francia hanno firmato il contratto per il programma Samp/t NG per una nuova generazione di sistemi di difesa aerea a medio raggio. E tutto questo mentre non risulta abbia compiuto un solo passo in avanti il follow-up dell’accordo franco-tedesco di Aquisgrana per la difesa europea.
Del resto l’Italia conosce fin troppo bene gli inevitabili intrecci che si possono creare tra vicende giudiziarie, politiche ed economiche. Era il 1974 e la situazione dei conti pubblici italiani era disastrosa. Il governatore di Bankitalia Guido Carli, in concertazione con il Governo guidato da Mariano Rumor (Emilio Colombo alle Finanze e Aldo Moro agli Esteri) diede in pegno una parte delle riserve d’oro della Banca d’Italia come garanzia per un prestito di 2 miliardi di dollari concesso dalla Bundesbank. La parte non scritta dell’accordo (mai smentita) prevedeva il “diritto alla fuga” concesso al “prigioniero di guerra” Herbet Kappler che indisturbato lasciò infatti l’ospedale militare del Celio il giorno di Ferragosto del 1977.
Tornando alle Ombre Rosse l’annuncio degli arresti ha già prodotto i risultati attesi anche se sono tornati tutti in libertà sia pure con diverse restrizioni i 9 ex terroristi italiani. Da mercoledì prossimo cominceranno i processi davanti alla Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi, che dovrà entrare nel merito, caso per caso, delle richieste di estradizione dell’Italia.
Il Syndicat des avocats de France (Saf, Sindacato degli avvocati di Francia) esprime “soddisfazione” per la decisione della giustizia francese di rimettere in libertà vigilata i 9 ex terroristi italiani. “Questa estradizione – scrive il Saf – segna una svolta senza precedenti della dottrina politica francese seguita dallo Stato da oltre 30 anni”. E ancora: “Scegliere oggi di estradare questi rifugiati dopo i fatti e per alcuni casi anni dopo la loro condanna in contumacia, senza alcun fatto nuovo a loro carico, nel disprezzo degli impegni statali, è un indicibile tradimento della Francia”. Per il sindacato, è “davvero arrivato il momento per l’amnistia degli ultimi rifugiati italiani come fu il caso altrove, in condizioni comparabili. Se vogliamo finalmente voltare questa pagina della storia, ciò che è auspicabile e invocato da tutti, qui e là, bisogna farlo decentemente e in modo equo. Rifiutiamo questi arresti e queste estradizioni e chiediamo che lo Stato rispetti gli impegni”, si conclude nella nota.
E un ex di Lotta continua come Marco Boato afferma che “dopo gli arresti di Parigi ho pensato che Mitterrand, Chirac, Sarkozy e Hollande, Presidenti di sinistra e di destra, erano stati più saggi nel contribuire a porre fine alla stagione del terrorismo. Macron forse guarda alle prossime elezioni presidenziali e alla concorrenza di Marine Le Pen, riconquistando consenso in quell’elettorato di estrema destra, tentazione a cui Chirac e Sarkozy si erano sottratti”.
C’è solo sete di giustizia dietro l’operazione Macron-Draghi per gli ex terroristi arrestati in Francia?
“La comprensione storica non condanna né assolve. Al massimo prende atto delle ragioni che determinano i successi e i fallimenti”, scrive Gustavo Zabreleski a proposito degli ex terroristi arrestati in Francia, che sembra “rinnegare” la dottrina Mitterand e “chiudere” dopo decenni la stagione degli anni di piombo italiana. Zagrebelski invita a non confondere i quattro livelli della questione: storico, politico, giuridico ed emotivo. Ma forse se ne può aggiungere anche un quinto: il piano relativo alla futura postura strategica ed economica italo-francese nell’Europa del dopo pandemia.
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