L’amministrazione Biden vuole garantire all’Europa gas naturale liquefatto in caso di guerra in Ucraina e conseguente interruzione delle forniture da parte della Russia. Ma c’è un problema…
Gli Stati Uniti stanno cercando di mettere insieme una coalizione globale di produttori di gas naturale liquefatto (Gnl) per garantire il soddisfacimento energetico dell’Europa nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra in Ucraina e le forniture dalla Russia dovessero interrompersi.
Lo sforzo è guidato dal dipartimento di Stato, e nello specifico dal consigliere per la sicurezza energetica Amos Hochstein. Non si conosce l’identità delle aziende e dei Governi contattati da Washington. Le fonti di Reuters e CNN parlano però di una strategia dalla portata “globale” nella quale rientrano certamente la Norvegia e il Qatar, due attori di primo piano nel mercato gasifero mondiale. Il Presidente americano Joe Biden avrebbe intenzione di riunirsi alla Casa Bianca con l’emiro qatariota Tamim bin Hamad al-Than, forse entro fine mese, per approfondire la discussione.
Il piano degli Stati Uniti
Il piano dell’amministrazione Biden nasce da una consapevolezza: c’è una parte d’Europa – la Germania, ad esempio – che non vuole essere troppo dura con la Russia in questo momento di crisi militare perché teme ripercussioni sulla propria sicurezza energetica e, di conseguenza, sulla propria economia. Mosca è la principale fornitrice di gas dell’Unione europea: vale da sola il 40% circa delle importazioni del blocco. Gran parte delle tubature che trasportano il combustibile, peraltro, passano per l’Ucraina.
Nel caso in cui dovesse iniziare un conflitto, dunque, i flussi russi verso il continente (bassi da mesi) si abbasserebbero drasticamente e potrebbero anche azzerarsi, sia per colpa dei combattimenti che per ritorsione del Cremlino che per effetto delle sanzioni americane. I prezzi dell’energia finirebbero col crescere notevolmente e sarebbe un disastro, considerati i già altissimi valori attuali e i livelli dei tassi di inflazione.
Gli Stati Uniti pensano allora che, se riuscissero a ridurre quantomeno le preoccupazioni energetiche-economiche, potranno più facilmente ottenere da Bruxelles un’adesione maggiore alla loro linea di pressione verso Mosca. Da questo allineamento, Washington ne guadagnerebbe sia in deterrenza da un’eventuale invasione dell’Ucraina, sia in potere negoziale nei colloqui con Mosca sulla sicurezza e l’allargamento della Nato.
La fattibilità
C’è un problema, però: il mercato del gas è ristretto e non c’è abbastanza combustibile per rimpiazzare un’eventuale contrazione dei volumi russi. Oltre all’Europa, la domanda di energia è forte anche in Cina e in Giappone. La competizione per le forniture di Gnl è intensa, insomma, e le navi – incluse quelle statunitensi e qatariote – che lo trasportano si dirigono dove i profitti sono maggiori: ovvero l’Asia, non l’Europa.
Secondo Reuters, l’amministrazione Biden non ha chiesto alle aziende di aumentare l’offerta di gas naturale. Secondo CNN, invece, lo ha fatto, ma gli è stato risposto che ci vuole tempo e che investire nell’aumento della capacità di output ed export è rischioso, in tempi di transizione ecologica: le spese per il potenziamento degli impianti potrebbero cioè non venire ripagate sul lungo termine, visto il progressivo distacco dalle fonti fossili.
L’amministrazione Biden vuole garantire all’Europa gas naturale liquefatto in caso di guerra in Ucraina e conseguente interruzione delle forniture da parte della Russia. Ma c’è un problema…