Macron pensa all’autonomia strategica europea e irrita i partner transatlantici
Malcontento per le parole del Presidente francese di ritorno dalla delicata missione in Cina: ancora una volta Bruxelles si mostra disunita e impreparata a diventare la terza potenza mondiale
Arriverà, forse, il giorno in cui l’Europa sarà terza potenza mondiale, ma quel giorno, vista la reazione dei leader del Vecchio Continente e i partner transatlantici alle parole del Presidente francese Emmanuel Macron di ritorno dalla missione in Cina, sembra ancora molto, troppo lontano. Perché nessuno tra i 27 Paesi membri è realmente disposto a perdere la sovranità in politica estera, un egoismo diffuso tra le cancellerie che rende l’Unione Europea incapace di fare il salto di qualità nella gestione delle crisi internazionali. Un egoismo che, se scomparisse, permetterebbe a Bruxelles di imporsi rispetto alle scelte dei rivali sistemici (vedi la Cina) e dei partner transatlantici — su tutti gli Stati Uniti, le cui decisioni — spesso e volentieri — collidono direttamente con gli interessi europei, accettate supinamente nel nome di un’alleanza che non sempre è stata all’altezza delle aspettative.
L’intervista a Politico dei giorni scorsi è tra le più chiare ed esaustive del Presidente francese, che spiega apertamente quale sia il rischio di ritrovarsi immischiati in una guerra che all’Europa non appartiene — come sarebbe il caso di un conflitto tra la Cina e Taiwan — con Macron che, di pari passo, mette in guardia nel seguire aprioristicamente gli Stati Uniti. “La peggior cosa sarebbe pensare che noi europei dobbiamo seguire gli Usa e prendere spunto dalla loro agenda”, ha affermato il leader d’oltralpe. “Gli europei non sono in grado di risolvere la crisi ucraina; su Taiwan, come possiamo dire alla Cina, in termini credibili, ‘attenti, se fate qualcosa di sbagliato interverremo?’. Questa — continua Macron — è la migliore delle soluzioni se vogliamo inasprire le tensioni”.
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