I regimi militari dei tre Paesi hanno dato vita all’Allenza degli Stati del Sahel. La Carta di Liptako-Gourma è un patto di mutua difesa contro le possibili minacce di ribellione armata e jihadista
Fino ad adesso si erano limitati ad assicurarsi un supporto reciproco attraverso dichiarazioni di circostanza. Ora Mali, Niger e Burkina Faso hanno deciso di andare oltre e creare una vera e propria “coalizione”. Lo hanno fatto in maniera ufficiale sabato, quando le delegazioni dei tre Paesi – riunite nella capitale maliana Bamako – hanno annunciato la nascita dell’Alleanza degli Stati del Sahel.
L’accordo prevede che si tratti di un patto difensivo, che in caso di minacce esterne leghi quindi il destino dei tre stati e stabilisca degli obblighi di mutuo aiuto. “Ogni attacco alla sovranità e all’integrità nazionale di una o più delle parti contraenti sarà considerato un’aggressione contro le altre parti” recita il documento firmato dai Paesi saheliani, la cosiddetta Carta di Liptako-Gourma.
In particolare, evidenziano i governi coinvolti, l’Alleanza nascerebbe in risposta al terrorismo, per assicurare un intervento più efficace e coordinato contro la minaccia ribelle e jihadista. Un aspetto sottolineato anche dal nome della carta fondativa: Liptako-Gourma non è altro che una regione situata al confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, nonché l’area più colpita dal terrorismo negli ultimi anni.
Il focus sul terrorismo non deve sorprendere. I gruppi ribelli separatisti e quelli legati al jihadismo rappresentano da oltre un decennio la piaga maggiore per i Paesi che occupano la regione a sud del Sahara, tanto da spiegare quasi tutti i principali avvenimenti politici degli ultimi anni. È stata ad esempio una diretta conseguenza del terrorismo la decisione francese di intervenire in Mali a capo di una forza multinazionale, nel 2013, con l’obiettivo di fermare l’avanzata dei tuareg e degli estremisti islamici. Ma la persistenza della minaccia terroristica, unita all’incapacità di contrastarla da parte dei governi democraticamente eletti, è stata anche alla radice dell’ondata di colpi di stato che ha attraversato il Sahel negli ultimi tre anni e che, non a caso, ha colpito tutti e tre i Paesi parte della nuova alleanza.
Nonostante i proclami, però, l’arrivo delle giunte militari non ha finora portato risultati soddisfacenti nella lotta al terrorismo. E così, ecco la necessità per i golpisti di aumentare il proprio impegno nel contrastare i gruppi ribelli, anche per rafforzare la propria posizione: fintanto che non verrà garantita una maggiore stabilità politica, i soldati sono infatti consapevoli di poter essere a loro volta sostituiti. Del resto, questo è già accaduto in Mali e Burkina Faso, dove i primi golpisti sono stati rovesciati da un secondo colpo di stato.
Per quanto il terrorismo giochi un ruolo cruciale, tuttavia, è facile comprendere come l’Alleanza degli Stati del Sahel abbia un significato più ampio. In primis, per il fatto che al comando di ognuno dei tre Paesi firmatari ci sia una giunta militare, cosa che ha fatto parlare numerosi giornali di una nuova “coalizione di golpisti”. Si tratta di un’etichetta in parte semplicistica, che mette in secondo piano tutti gli aspetti che accomunano Mali, Niger e Burkina Faso oltre alla loro situazione politica. Ma che allo stesso tempo sottolinea un aspetto importante: la creazione di un’alleanza è anche un modo per i tre Paesi per riunire le forze ed opporsi ai tentativi degli stati circostanti di riportare in vigore la democrazia.
La contrapposizione tra questi due schieramenti era emersa con forza in seguito al colpo di stato in Niger, a fine luglio. In quell’occasione, l’ECOWAS – organizzazione che riunisce gli stati dell’Africa occidentale – aveva chiesto ai militari di fare un passo indietro e di ripristinare l’ordine costituzionale. A differenza di quanto accaduto in occasione dei golpe precedenti lo aveva fatto in maniera decisa, guidata dalla Nigeria anche per ragioni di politica interna, ed era arrivata addirittura a minacciare un intervento armato se i militari avessero insistito nella propria azione.
Già allora, Mali e Burkina Faso avevano risposto agli avvertimenti dell’organizzazione, dichiarando che ogni azione contro la giunta al potere in Niger avrebbe scatenato una loro reazione. Ora, con l’Alleanza del Sahel, questi propositi sono messi nero su bianco: un intervento armato in uno di questi tre stati, per quanto volto a ripristinare la democrazia, sarebbe considerato una violazione di sovranità e farebbe scattare la clausola difensiva del patto.
Difficile, al momento, pensare che quanto previsto dall’accordo possa trasformarsi in realtà. Le iniziali minacce di intervento nigeriane erano infatti ben presto cadute nel vuoto ed è difficile che la situazione possa cambiare dopo la firma del patto, con un rischio ancora maggiore di escalation. In ogni caso, però, la creazione dell’Alleanza mostra una profonda divisione tra i Paesi dell’Africa occidentale. E pone domande importanti sul ruolo e sul futuro di organizzazioni come l’ECOWAS e l’Unione Africana.
Fino ad adesso si erano limitati ad assicurarsi un supporto reciproco attraverso dichiarazioni di circostanza. Ora Mali, Niger e Burkina Faso hanno deciso di andare oltre e creare una vera e propria “coalizione”. Lo hanno fatto in maniera ufficiale sabato, quando le delegazioni dei tre Paesi – riunite nella capitale maliana Bamako – hanno annunciato la nascita dell’Alleanza degli Stati del Sahel.