La Repubblica Islamica potrà utilizzare i soldi finora congelati solo per scopi umanitari, secondo l’accordo. Forte reazione dei Repubblicani, con polemiche anche legate alla data dell’annuncio, 11 settembre
La sorte di 10 persone, 5 cittadini degli Stati Uniti e 5 della Repubblica Islamica dell’Iran, ha cambiato corso in seguito all’accordo tra i Governi di Washington e Teheran, i quali hanno concordato il loro rilascio e, contemporaneamente, lo sblocco di 6 miliardi di dollari della nazione sciita congelati in Corea del Sud. Una situazione verificatasi a causa delle sanzioni imposte dagli States all’Iran dopo l’uscita Usa dall’agreement sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action.
I fondi non sarebbero potuti essere consegnati alle autorità iraniane dato che le banche sudcoreane che li detengono avrebbero, a loro volta, subito le sanzioni di Washington. Con l’accordo del mese scorso, tecnicamente entrato in vigore l’11 settembre, alcuni istituti finanziari di Corea del Sud, Qatar, Germania, Irlanda e Svizzera vengono esentati da eventuali problematiche sanzionatorie.
“È nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti rimuovere l’imposizione di tali sanzioni nel rispetto delle istituzioni finanziarie straniere e della loro giurisdizione”, ha commentato Antony Blinken, Segretario di Stato Usa. “Tali Paesi verranno avvisati in forma scritta direttamente dal nostro Governo, lasciando alle banche l’autorità di operare per procedere con le transazioni”.
Lo stesso Blinken ha spiegato che la rimozione delle sanzioni sarà possibile per il trasferimento dei fondi anche alle entità normalmente target, ovvero la National Iranian Oil Company o la Banca Centrale della nazione iraniana, che potranno ricevere l’ammontare tramite conti in Corea del Sud verso la Svizzera e la Germania, e da qui verso il Qatar. “L’uso dei soldi sarà possibile per prodotti e scopi umanitari, in accordo con le linee guida del Governo Usa”, ha aggiunto il Segretario di Stato.
La vicenda ha una portata internazionale e coinvolge Paesi che storicamente intrattengono legami economici, culturali e diplomatici con la Repubblica Islamica. In particolare, sono avvenuti negli ultimi anni numerosi incontri tra le autorità sciite e quelle sudcoreane: recentemente, il Ministro degli Esteri Park Jin ha ricordato l’impegno di Seul per lo sblocco dei fondi. La Corea del Sud importava, fino al 2018, 18.5 milioni di barili di petrolio iraniano. L’importanza del mercato sudcoreano è massima per l’Iran, che spera di poter riprendere presto e a pieno titolo il ritorno sul palcoscenico internazionale, anche all’indomani dell’ingresso di Teheran (operativo dal primo gennaio 2024) nel gruppo BRICS.
La liberazione dei cittadini statunitensi, con doppio passaporto anche iraniano, è stata accolta positivamente: con la mossa, vengono rilasciati — per ora agli arresti domiciliari — Siamak Namazi, Emad Shargi, Morad Tahbaz; non si conoscono le generalità degli altri due uomini. I prigionieri di nazionalità iraniana parte dello scambio sono Mehrdad Moein Ansari, Kambiz Attar Kashani, Reza Sarhangpour Kafrani, Amin Hasanzadeh, arrestati per aver spedito materiale proibito o informazioni confidenziali alla Repubblica Islamica e Kaveh Afrasiabi, scienziato politico accusato di non essersi registrato come foreign agent dell’Iran.
Tuttavia, la polemica politica non ha risparmiato l’amministrazione democratica, la Casa Bianca e il Presidente Joe Biden. La Senatrice repubblicana dell’Iowa Joni Ernst ha definito fallimentare la strategia di appeasement del Commander in Chief. “Questo darà il via libera alle azioni illecite iraniane, incoraggiando la diplomazia degli ostaggi”, ha scritto su X, ex Twitter. Rincara la dose il falco Ted Cruz, Senatore del Texas: “Il Presidente Biden ha firmato segretamente un accordo sul nucleare con il regime iraniano, nascondendolo al Congresso e ai cittadini degli Usa. Nel frattempo ha permesso a Teheran di acquisire virtualmente un arsenale nucleare”.
Sulla questione è intervenuto anche Donald Trump, protagonista dell’abbandono statunitense al JCPoA. “Il disonesto Joe Biden dà 6 miliardi di dollari al regime terrorista dell’Iran. I soldi saranno usati per finanziare il terrorismo in tutto il Medio Oriente e, sicuramente, nel resto del mondo. Questo pazzo incompetente sta distruggendo l’America”, ha commentato sul suo social, Truth.
Non è passata inosservata la data di annuncio dello sblocco dei fondi, avvenuto l’11 settembre. Adrienne Watson, Portavoce del National Security Council, ha ricordato che questo è stato “un passaggio procedurale per permettere ai fondi di essere spostati da un conto all’altro, utilizzabili solo per fini umanitari. L’obiettivo — ha specificato la Portavoce — era la liberazione di 5 cittadini statunitensi. Abbiamo informato il Congresso nel corso del processo di trattativa, continueremo a farlo con nuovi briefing già previsti per questa settimana”.
I fondi non sarebbero potuti essere consegnati alle autorità iraniane dato che le banche sudcoreane che li detengono avrebbero, a loro volta, subito le sanzioni di Washington. Con l’accordo del mese scorso, tecnicamente entrato in vigore l’11 settembre, alcuni istituti finanziari di Corea del Sud, Qatar, Germania, Irlanda e Svizzera vengono esentati da eventuali problematiche sanzionatorie.