La prima volta di una donna premier non risolve il deficit democratico nel quale è precipitato il Paese con il Presidente Saied
Per la prima volta nella storia, la Tunisia avrà una donna come premier. Il Presidente tunisino Kais Saied ha dato l’incarico di formare il nuovo Governo alla docente universitaria Najla Bouden Romdhane. Originaria di Kairouan, con un dottorato in geologia, Romdhane è docente alla Scuola nazionale di ingegneria e non ha grandi esperienze politiche precedenti.
La sua nomina, che avuto una grande eco sui media internazionali, trattandosi della prima volta in tutto il mondo arabo di una donna a capo del Governo, sembra però più un’operazione di maquillage politico che non una vera svolta democratica. Anzi, la sua nomina non prevede un voto di fiducia da parte del Parlamento, che il Presidente ha “temporaneamente” sospeso, ma solo la conferma da parte di Saied. Lo scorso 22 settembre, il Presidente tunisino ha infatti firmato un decreto di emergenza, che da allora gli ha permesso di governare, senza dover passare per l’assemblea legislativa.
Romdhane non godrà dei poteri che la Costituzione le garantirebbe e Saied rimarrà nei fatti depositario del potere legislativo, esecutivo e giudiziario finché un nuovo assetto costituzionale non verrà attuato. “Le Costituzioni non sono eterne”, ha dichiarato Saied, “si possono modificare tenendo presente che la sovranità appartiene al popolo”. Saied ha più volte dichiarato che il Paese avrebbe bisogno di una riforma che desse più poteri al Presidente togliendoli al Parlamento, accusato di essere eccessivamente frammentato e di non riuscire a portare a termine le riforme necessarie per risollevare il Paese.
Nonostante le preoccupazioni internazionali, il Presidente può contare ancora su un forte sostegno popolare. Secondo un sondaggio pubblicato dai media tunisini, il 90% della popolazione approverebbe ancora l’operato del Presidente.
Il deficit democratico
Intanto, proseguono le purghe fuori e dentro al Parlamento. Ieri, la polizia ha arrestato un altro deputato, Aloui Abdellatif, esponente del Partito islamista radicale Al Karama, e un presentatore televisivo, Ameur Ayed, rei di aver criticato Saied durante una trasmissione televisiva. La magistratura militare li ha arrestati con l’accusa di “cospirazione contro la sicurezza dello Stato”.
A dieci anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini, che nel 2011 rovesciò Zine El Abidine Ben Ali, la Tunisia rischia di vedere interrompersi il suo sogno democratico.
Il Presidente è un uomo di cultura e di grande prestigio interno, ma sembra averne approfittato per ridimensionare drasticamente le conquiste democratiche maturate in questi dieci anni. D’altra parte, la democrazia non ha portato benessere e la gente non ha più pazienza di aspettare tempi migliori. Il Presidente ha capito dunque che la partita si gioca sulla possibilità di migliorare le condizioni di vita della maggioranza della popolazione. L’Unione europea dovrebbe fare un pressing molto più incisivo su Tunisi, per ripristinare le libertà democratiche sospese…
La sua nomina, che avuto una grande eco sui media internazionali, trattandosi della prima volta in tutto il mondo arabo di una donna a capo del Governo, sembra però più un’operazione di maquillage politico che non una vera svolta democratica. Anzi, la sua nomina non prevede un voto di fiducia da parte del Parlamento, che il Presidente ha “temporaneamente” sospeso, ma solo la conferma da parte di Saied. Lo scorso 22 settembre, il Presidente tunisino ha infatti firmato un decreto di emergenza, che da allora gli ha permesso di governare, senza dover passare per l’assemblea legislativa.