Gli Stati Uniti acconsentono all’esportazione di petrolio venezuelano che andrà a ripagare il debito di Caracas. Maduro apprezza la decisione e parla di “passi piccoli ma significativi”
Non si attendono fiumi di petrolio in arrivo dal Venezuela in Europa, ma la decisione degli Stati Uniti di riprendere l’esportazione dell’oro nero del Paese sudamericano verso i mercati europei segna la strada del dialogo tra Washington e Caracas, allo stesso tempo lanciando un segnale alla Russia di Vladimir Putin. Joe Biden diversifica le sue azioni di politica estera aprendo alla possibilità per le sole Eni, colosso italiano dell’energia e Repsol, società spagnola, di trasportare esclusivamente verso il Vecchio Continente, e non altrove, carichi di petrolio che andranno a ripagare i debiti della PDVSA, l’oil company venezuelana, nei confronti delle due aziende.
La mossa riapre, così, l’oil-for-debt swaps interrotto dall’amministrazione Trump con le dure sanzioni imposte alla nazione guidata da Nicolás Maduro e chiarisce a Mosca che la diversificazione petrolifera è possibile, sebbene su numeri che — in questo momento — non cambiano repentinamente lo stato delle cose. Come si diceva, infatti, non si hanno le esatte cifre di quanto petrolio arriverà con le consegne di Eni e Repsol, ma non saranno tanto dirompenti da modificare l’impatto globale sui prezzi e il trend del mercato.
Ciononostante, l’apertura statunitense — che dunque intensifica la strategia dialogante col Venezuela, dopo gli incontri dei mesi scorsi tra funzionari dei rispettivi Governi — è letta come di buon auspicio affinché Maduro riprenda il dialogo con l’opposizione. L’amministrazione Biden sarebbe pronta a ulteriori passi verso la rimozione delle sanzioni laddove il Presidente venezuelano dovesse prendere decisioni indirizzate al cambiamento democratico del suo Paese.
Maduro ha apprezzato la decisione statunitense parlando di “passi piccoli ma significativi”, mentre secondo funzionari di Washington non sarebbe cambiata la politica Usa verso Caracas. Si imporrebbero sanzioni “più pesanti” se il processo di dialogo con l’opposizione e verso libere elezioni dovesse deragliare, ma sarebbero “alleggerite” se si arrivasse alla strada del compromesso.
Non si attendono fiumi di petrolio in arrivo dal Venezuela in Europa, ma la decisione degli Stati Uniti di riprendere l’esportazione dell’oro nero del Paese sudamericano verso i mercati europei segna la strada del dialogo tra Washington e Caracas, allo stesso tempo lanciando un segnale alla Russia di Vladimir Putin. Joe Biden diversifica le sue azioni di politica estera aprendo alla possibilità per le sole Eni, colosso italiano dell’energia e Repsol, società spagnola, di trasportare esclusivamente verso il Vecchio Continente, e non altrove, carichi di petrolio che andranno a ripagare i debiti della PDVSA, l’oil company venezuelana, nei confronti delle due aziende.
La mossa riapre, così, l’oil-for-debt swaps interrotto dall’amministrazione Trump con le dure sanzioni imposte alla nazione guidata da Nicolás Maduro e chiarisce a Mosca che la diversificazione petrolifera è possibile, sebbene su numeri che — in questo momento — non cambiano repentinamente lo stato delle cose. Come si diceva, infatti, non si hanno le esatte cifre di quanto petrolio arriverà con le consegne di Eni e Repsol, ma non saranno tanto dirompenti da modificare l’impatto globale sui prezzi e il trend del mercato.
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