Nel 2021 il budget della Cina per la difesa aumenterà del 6,8%. Ma sul Mar Cinese orientale le sue ambizioni sono contrastate dall'ampio progetto americano della "prima catena di isole"
Nel 2021 il budget della Cina per la difesa aumenterà del 6,8%. Ma sul Mar Cinese orientale le sue ambizioni sono contrastate dall’ampio progetto americano della “prima catena di isole”
Nel 2020 il prodotto interno lordo della Cina, nonostante la pandemia da coronavirus, ha segnato un +2,3%. Per il 2021 l’obiettivo di crescita per l’economia – come rivelato ieri dal Primo ministro Li Keqiang durante le “due sessioni”, l’evento legislativo più importante nel Paese – è stato invece fissato al di sopra del 6%: una cifra inferiore rispetto a quella stimata dagli analisti, che prevedono un avanzamento dell’8-9%.
Tra le varie dichiarazioni, Li ha anche detto che la Cina promuoverà “l’addestramento e la preparazione militare”. Il Ministero della Finanza ha annunciato che nel 2021 la spesa di Pechino per la difesa aumenterà del 6,8%, leggermente più dell’anno scorso, per arrivare a circa 209 miliardi di dollari.
Dichiarazioni e numeri sulla spesa cinese per la difesa
Nel suo discorso, Li ha spiegato che il Governo rafforzerà le forze armate “attraverso la riforma, la scienza, la tecnologia e l’addestramento di personale capace”.
“Promuoveremo l’addestramento e la preparazione militare su tutta la linea, faremo piani generali per rispondere ai rischi di sicurezza in tutte le aree e per tutte le situazioni, e miglioreremo la capacità strategica dell’esercito di proteggere la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo del nostro Paese. Miglioreremo la struttura della scienza, della tecnologia e dell’industria legate alla difesa, e potenzieremo il sistema di mobilitazione della difesa”.
Il Global Times, giornale legato al quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese, definisce il budget per la difesa per il 2021 “normale”, “stabile” rispetto a quello degli anni passati e “contenuto”, considerata “la legittima necessità della Cina di sviluppare la propria capacità di difesa nazionale” e considerate “le minacce militari che la Cina sta affrontando”. Anzi: il Global Times scrive che per Pechino è “una necessità oggettiva” aumentare la spesa militare.
Quanto spendono gli Stati Uniti
Paragonato a quello degli Stati Uniti – il principale rivale geopolitico –, il budget per la difesa previsto dalla Cina per il 2021 è tre volte e mezzo inferiore: gli americani hanno speso 714 miliardi di dollari per la difesa nell’anno fiscale 2020, e dovrebbero portare la cifra a 733 miliardi nel successivo.
La spesa militare cinese vale l’1,3% del suo Pil; il rapporto di quella statunitense è molto più alto: valeva il 3,4% del Pil, nel 2019.
I piani della Cina
La Cina ha intenzione di potenziare le proprie forze armate, note come Esercito popolare di liberazione, in modo da adeguare la sua potenza militare alle ambizioni di influenza globale. La tabella di marcia prevede la modernizzazione dell’esercito per il 2035 e la capacità, entro il 2050, di schierare un’armata di prima fascia.
Pechino si è fatta negli anni più assertiva nella regione dell’Asia-Pacifico e in particolare nel Mar Cinese meridionale, che rivendica a sé per la quasi interezza e dove ha costruito (militarizzandole, poi) delle isole artificiali: un fatto che ha creato una varietà di dispute con i Paesi dell’area. Ci sono poi tutta una serie di altre questioni regionali che Pechino percepisce come una minaccia alla propria sovranità: i contrasti al confine con l’India o con il Giappone per le isole Senkaku-Diaoyu, ad esempio; l’affare Taiwan; le operazioni navali statunitensi per la “libertà di navigazione”.
Cosa vuole fare l’America nella “prima catena di isole”
L’America vuole impedire che la Cina controlli il Mar Cinese meridionale e che raggiunga lo status di potenza marittima. Mantiene pertanto una presenza militare nel Pacifico come forma di controllo e di deterrenza nei confronti della rivale.
A proposito di deterrenza, Washington ha intenzione di rafforzarla attraverso una rete di missili di precisione installati lungo la cosiddetta “prima catena di isole” che cinge il Mar Cinese meridionale e orientale: va dalle isole Curili, a nord-est del Giappone, e passa per le Ryukyu, Taiwan e la parte settentrionale delle Filippine, fino al Borneo. La strategia americana si articola in tre diverse catene di isole e consente il contenimento marittimo della Cina.
La rete di missili di precisione nella prima catena, come appreso dal quotidiano giapponese Nikkei, è parte di un piano più ampio, da 27,4 miliardi di dollari in sei anni, che il commando statunitense per l’Indo-Pacifico ha presentato al Congresso. Per la seconda catena di isole – dalle Ogasawara, a sud del Giappone, fino alle Marianne – è previsto un sistema di difesa aerea missilistica integrata.
Per il solo anno fiscale 2022 il commando ha richiesto una somma di 4,7 miliardi, più del doppio di quella destinata alla regione nell’anno fiscale 2021 e vicina a quella di 5 miliardi che viene spesa per la Russia.
L’ammiraglio Philip Davidson, a capo del commando per l’Indo-Pacifico, ha dichiarato recentemente che i prossimi sei anni potrebbero essere cruciali, perché la Cina potrebbe provare a “cambiare lo status quo nella regione”, magari cercando di annettere Taiwan.
Gli Stati Uniti dispongono di circa 132mila truppe stanziate nel Pacifico. Non possiedono però capacità missilistica a gittata intermedia da terra: è una conseguenza del trattato INF (risalente al 1987 e legato al contesto della Guerra fredda), che proibiva all’America e all’Unione sovietica di possedere missili da terra dalla gittata media, tra i 500 e i 5500 chilometri. Secondo il Pentagono, Pechino possiede 1250 missili di questo tipo.
Nel 2021 il budget della Cina per la difesa aumenterà del 6,8%. Ma sul Mar Cinese orientale le sue ambizioni sono contrastate dall’ampio progetto americano della “prima catena di isole”
Nel 2020 il prodotto interno lordo della Cina, nonostante la pandemia da coronavirus, ha segnato un +2,3%. Per il 2021 l’obiettivo di crescita per l’economia – come rivelato ieri dal Primo ministro Li Keqiang durante le “due sessioni”, l’evento legislativo più importante nel Paese – è stato invece fissato al di sopra del 6%: una cifra inferiore rispetto a quella stimata dagli analisti, che prevedono un avanzamento dell’8-9%.
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