Quest’anno Seul spenderà 553 miliardi di dollari per produrre satelliti, razzi e altri componenti che possano garantirle una maggiore proiezione verso lo spazio
La Corea del Sud è pronta a dare un’accelerata al suo programma spaziale, ha detto la Ministra della Scienza Lim Hyesook a Bloomberg, ora che le restrizioni missilistiche sono state rimosse.
Cosa comporta il recupero della “sovranità missilistica”
Dopo l’incontro di fine maggio alla Casa Bianca tra i rispettivi Presidenti, infatti, gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno raggiunto un accordo per mettere fine a quelle “linee guida” che impedivano a Seul di sviluppare missili dalla gittata superiore agli 800 chilometri.
Il recupero della “sovranità missilistica”, come l’ha definita il Presidente Moon Jae-in, significa tre cose: che la Corea del Sud aumenta le proprie capacità di colpire la Corea del Nord, se mai dovesse averne bisogno; che potrà mettere sotto tiro alcune grandi città cinesi, andando a rafforzare la deterrenza militare; e infine che potrà cominciare il suo “viaggio nello spazio”. Delle tre, quella che interessa davvero a Moon è l’ultima: vuole far progredire Seul nella tecnologia, non inimicarsi Pyongyang e Pechino.
Cosa farà la Corea del Sud nello spazio
Seppur riluttante a entrare nel fronte anticinese di Joe Biden, l’avventura spaziale della Corea del Sud sarà comunque vicina a – quando non parte integrante di – quella degli Stati Uniti. Lo scorso maggio il Paese si è unito al programma Artemis della Nasa, che dovrebbe riportare gli astronauti americani sulla Luna entro il 2024 per condurre delle ricerche scientifiche (e vincere la corsa propagandistica con la Cina).
Quest’anno la Corea del Sud spenderà 553 miliardi di dollari per produrre satelliti, razzi e componentistica varia che possa garantirle una maggiore proiezione verso lo spazio.
Rimossi i limiti alla portata, Seul sta lavorando allo sviluppo del razzo Nuri, che servirà a mandare un satellite in orbita, a circa 600-800 chilometri sopra la Terra: il progetto vale quasi 2 miliardi e il lancio avverrà a ottobre. Nuri è il successore del lanciatore spaziale Naro, che nel 2013 – dopo due tentativi falliti – lanciò in orbita il satellite STSat-2C. Più in là negli anni, entro il 2030, c’è invece una missione lunare, ha detto la Ministra Lim Hyesook.
Nuovi business e sicurezza nazionale
Per Lim, “l’esplorazione spaziale sarà la piattaforma per nuovi business”. Ma è anche, ha aggiunto, un settore “cruciale per la strategia nazionale in termini di tutela della sicurezza nazionale e della sicurezza pubblica”. Lo spazio è insomma sia una fonte di opportunità economiche – se ne sono accorti miliardari come Elon Musk, Jeff Bezos e Richard Branson –, sia anche un dominio operativo dalla grande rilevanza militare, alla pari della terra o del mare.
Seul ha un piano, chiamato “425 Project”, che prevede di portare in orbita una rete di satelliti ad alta risoluzione per il monitoraggio della penisola coreana (inclusa, ovviamente, la metà a nord del 38° parallelo). Il progetto avrà applicazioni sia civili che militari.
L’accesso allo spazio consentirà alla Corea del Sud di “rispondere in maniera più proattiva al mutato scenario di sicurezza”, aveva dichiarato Moon, senza menzionare nessun paese in particolare. È probabile tuttavia che si riferisse alla Cina: Seul non vuole lo scontro, ma la crescita assertiva di Pechino è motivo di preoccupazione in Asia, e la regione cerca un modo per bilanciarne l’ascesa (avvicinandosi agli Stati Uniti, di solito).
Un sistema di navigazione per il 6G
Lim ha annunciato a Bloomberg l’intenzione della Corea del Sud di dotarsi di un proprio sistema di posizionamento satellitare, autonomo rispetto al Gps americano e al cinese BeiDou, per migliorare l’accuratezza dei servizi di localizzazione necessari ai droni e ai veicoli a guida autonoma.
I satelliti che vuole Seul dovranno essere dotati di tecnologia 6G, il futuro standard di telecomunicazione che sostituirà la quinta generazione. Il Paese rende così manifesta l’ambizione di andare oltre il 5G – la Cina è probabilmente irraggiungibile, ormai – e provare a giocare d’anticipo su quello che verrà dopo. Realizzare opere di connettività non porta soltanto guadagni economici ma anche benefici in termini di influenza politica: è quello che il commissario europeo Thierry Breton, nell’annunciare l’iniziativa di Bruxelles per costruire una nuova costellazione di satelliti, ha chiamato “potere di connettere”.
Quest’anno Seul spenderà 553 miliardi di dollari per produrre satelliti, razzi e altri componenti che possano garantirle una maggiore proiezione verso lo spazio