Emirati, Giordania, Bahrein e Iraq riuniti per rilanciare il dialogo tra le nazioni dell’area: dall’Iran a Israele, passando per la crisi Ucraina, numerosi i temi sul tavolo ospitato da al-Sisi
Cooperazione e rafforzamento della partnership fanno parte del linguaggio diplomatico di questi giorni a Al Alamein City, dove l’Egitto ha organizzato un summit con Emirati, Giordania, Bahrein e Iraq per fare il punto della situazione sullo stato di salute delle relazioni dei Paesi arabi, in vista di nuovi e importanti cambiamenti. A cominciare dalla possibile sottoscrizione del rigenerato JCPoA, l’accordo sul nucleare iraniano che aiuterà Teheran a riprendere i rapporti commerciali col resto del mondo, ma che al contempo rappresenta una sfida per diverse altre realtà, su tutte Israele e Arabia Saudita.
Iraq, broker per la pace tra Iran e Arabia Saudita
Non a caso a Al Alamein City è sbarcato anche il Primo Ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi, rappresentante di una stagione da protagonista nel tentativo di riavvicinare la Repubblica Islamica col Regno dei Saud. Un’attenzione particolare quella Al-Kadhimi, che ha sperato con tutte le forze in una pace tra i due Paesi, che porterebbe potenziali benefici non solo a tutta l’area mediorientale ma anche alla sua nazione. Gli sforzi di Baghdad in tal senso sono serviti, viste le aperture dei funzionari e gli incontri ad alto livello tra i Governi di Teheran e Riad. Ora, il compito più arduo per il Pm sarà far digerire ai sauditi l’imminente ritorno al JCPoA, nel segno del dialogo super partes.
L’alleanza tra Egitto e Emirati
La presidenza egiziana ha parlato di “meeting speciale fraterno” per descrivere l’incontro tra i leader, ospitati nel nuovo resort di Al Alamein City. Il primo faccia a faccia di Abdel Fattah Al-Sisi è avvenuto con Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Presidente degli Emirati, col quale ha concordato “sforzi coordinati al fine di trovare soluzioni a lungo termine per le crisi regionali, capaci di portare sicurezza, stabilità e pace” alle popolazioni del Medio Oriente. Speranze legittime, che però contrastano col ruolo dei due Paesi, sempre più alleati, che hanno alimentato alcune delle crisi verificatesi negli ultimi 10 anni (dalla Libia allo Yemen, passando per le tensioni con il Qatar).
Storiche problematiche e nuovi problemi
Che sia in atto un vero e proprio cambio di passo è difficile da sostenere. Certamente, un riscontro a livello diplomatico lo si nota, alla luce delle modifiche di assetto nei confronti, ad esempio, di Israele, e all’obbligata modulazione di approccio verso Usa e Russia all’indomani dell’invasione russa in Ucraina. Con le tensioni nate nel passato, mai sopite nella contemporaneità, che fanno ancora breccia nell’opinione pubblica araba, come il caso della Palestina: nonostante gli Accordi di Abramo, la situazione per gli abitanti di Gaza e della Cisgiordania rimane violenta e senza reali prospettive, se possibile addirittura peggiorata. Esiste, d’altro canto, un minimo tentativo nell’affrontare le questioni in senso comunitario, per provare a raggiungere quell’unità tanto auspicata per affrontare problemi concreti, come la diminuzione delle scorte alimentari verificatasi col blocco del grano nei porti del Mar Nero.
Non solo Indo-Pacifico
Un quadro complesso per una regione che rappresenta uno dei punti centrali nella geopolitica mondiale, dal quale passano ancora oggi gli equilibri delle relazioni internazionali, nonostante l’attenzione mediatica rivolta sempre più verso l’Indo-Pacifico. Non a caso, sia Stati Uniti che Russia premono per maggiore partnership con i Paesi dell’area, specie con l’aumento dei prezzi del gas. A questi ed altri quesiti proveranno a rispondere i capi di Stato e di Governo di Egitto, Emirati, Giordania, Bahrein e Iraq, che vivono in prima persona storiche problematiche interne e riflessi di decisioni globali che impattano sulla vita quotidiana delle loro popolazioni.
Cooperazione e rafforzamento della partnership fanno parte del linguaggio diplomatico di questi giorni a Al Alamein City, dove l’Egitto ha organizzato un summit con Emirati, Giordania, Bahrein e Iraq per fare il punto della situazione sullo stato di salute delle relazioni dei Paesi arabi, in vista di nuovi e importanti cambiamenti. A cominciare dalla possibile sottoscrizione del rigenerato JCPoA, l’accordo sul nucleare iraniano che aiuterà Teheran a riprendere i rapporti commerciali col resto del mondo, ma che al contempo rappresenta una sfida per diverse altre realtà, su tutte Israele e Arabia Saudita.
Non a caso a Al Alamein City è sbarcato anche il Primo Ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi, rappresentante di una stagione da protagonista nel tentativo di riavvicinare la Repubblica Islamica col Regno dei Saud. Un’attenzione particolare quella Al-Kadhimi, che ha sperato con tutte le forze in una pace tra i due Paesi, che porterebbe potenziali benefici non solo a tutta l’area mediorientale ma anche alla sua nazione. Gli sforzi di Baghdad in tal senso sono serviti, viste le aperture dei funzionari e gli incontri ad alto livello tra i Governi di Teheran e Riad. Ora, il compito più arduo per il Pm sarà far digerire ai sauditi l’imminente ritorno al JCPoA, nel segno del dialogo super partes.
La presidenza egiziana ha parlato di “meeting speciale fraterno” per descrivere l’incontro tra i leader, ospitati nel nuovo resort di Al Alamein City. Il primo faccia a faccia di Abdel Fattah Al-Sisi è avvenuto con Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Presidente degli Emirati, col quale ha concordato “sforzi coordinati al fine di trovare soluzioni a lungo termine per le crisi regionali, capaci di portare sicurezza, stabilità e pace” alle popolazioni del Medio Oriente. Speranze legittime, che però contrastano col ruolo dei due Paesi, sempre più alleati, che hanno alimentato alcune delle crisi verificatesi negli ultimi 10 anni (dalla Libia allo Yemen, passando per le tensioni con il Qatar).