Tra gli astenuti alla risoluzione delle Nazioni Unite che ha sospeso la Russia dal Consiglio per i diritti umani c’è anche il Messico, che dall’inizio dell’invasione in Ucraina ha una posizione ambigua
Giovedì l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha sospeso la Russia dal Consiglio per i diritti umani a seguito degli abusi sui civili commessi con l’aggressione all’Ucraina. Il voto non è stato affatto unanime: ventiquattro membri si sono opposti alla risoluzione (come la Cina, legata a Mosca da una partnership “senza limiti”) e cinquantotto si sono astenuti. Tra questi ultimi c’è l’India, la cui condotta verso il Cremlino sta infastidendo gli Stati Uniti, che vorrebbero vedere allineato un tassello fondamentale della loro strategia asiatica. Comprensibilmente, le attenzioni della stampa e degli analisti si concentrano sulle mosse di Nuova Delhi. Ma il voto alle Nazioni Unite ha mostrato che c’è un alleato americano, uno dei più importanti al mondo, che sulla questione russo-ucraina vuole mantenersi neutrale: il Messico.
Il Messico è guidato da un Presidente populista e nazionalista di sinistra, Andrés Manuel López Obrador. Ha sessantotto anni e si è formato, politicamente e culturalmente, nella “vecchia scuola” statalista del PRI, il partito egemone che ha governato il paese fino al 2000. Nei suoi discorsi attinge a una certa retorica anti-imperialistica (nei confronti soprattutto degli Stati Uniti e della Spagna), ma non si spinge mai troppo oltre. Per capire la politica estera di López Obrador bisogna infatti tenere a mente un concetto: a López Obrador il mondo fuori dal Messico non gli interessa; e se gli interessa – vedi con gli Stati Uniti, soci commerciali imprescindibili – è per questioni immediatamente connesse al benessere della patria.
La neutralità di López Obrador
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, il Messico ha assunto una posizione ambigua. Il Presidente ha dichiarato che il Paese si sarebbe mantenuto neutrale nel conflitto, né con l’aggredito né con l’aggressore: si è appellato alla non ingerenza, il principio diplomatico tradizionale del PRI. Il Ministro degli Esteri però, Marcelo Ebrard, ha condannato “energicamente l’invasione russa”. E lo ha fatto richiamandosi al passato ottocentesco, quando il Messico venne invaso dalla Francia e dagli Stati Uniti (perdendo gran parte del suo territorio). López Obrador ha detto poi che il Messico non imporrà sanzioni alla Russia perché “vogliamo avere buoni rapporti con tutti i governi del mondo”; ha condannato le piattaforme di social media per il blocco dei canali di propaganda russa, parlando di censura, e criticato l’Europa per l’invio di armi.
Più recentemente, mercoledì, López Obrador ha fatto sapere che non parteciperà all’evento Stand Up for Ukraine, una campagna di raccolta fondi per gli ucraini colpiti dalla guerra – era stato invitato dal canadese Justin Trudeau; sarà presente anche Ursula von der Leyen –, perché ha un impegno alle isole Marías. Ha anticipato che manderà un video di condanna dell’invasione, e che al suo posto ci sarà il ministro Ebrard.
Un gruppo di amici
L’elemento più controverso di tutta questa vicenda, dato il tempismo, è però un altro. Il 23 marzo, quasi un mese dopo l’inizio dell’invasione, il Partito del lavoro – una formazione di estrema sinistra che fa parte della coalizione governativa – ha promosso la nascita di un gruppo di amicizia tra Messico e Russia all’interno della Camera dei deputati: ha lo scopo di promuovere la cooperazione bilaterale e ne fanno parte anche alcuni membri di MORENA, il partito-movimento di López Obrador. Il Partito del lavoro ha già appoggiato, in passato, regimi autoritari come quelli in Corea del nord, in Nicaragua e in Venezuela.
L’ambasciatore russo in Messico, Viktor Koronelli, ha definito il comitato una “dimostrazione di appoggio, solidarietà e amicizia” tra Città del Messico e Mosca; dopodiché ha tenuto un discorso al Congresso messicano pieno di falsità. Ha sostenuto per esempio che la Russia non ha iniziato la guerra in Ucraina ma che la sta facendo finire, riferendosi all’inesistente governo nazista in carica a Kiev. E ha detto che “il Messico non risponderà mai ‘Sissignore’ a un ordine dello Zio Sam”, andando a stuzzicare l’antiamericanismo di alcuni politici della vecchia guardia. E infatti Augusto Gómez, ultranovantenne membro del PRI, ha ricordato di quando da bambino gli insegnarono a cantare L’Internazionale, si è scagliato contro l’imperialismo e ha ringraziato Koronelli per aver “illuminato il pensiero” dei deputati messicani. Il giorno dopo l’ambasciatore statunitense in Messico, Ken Salazar, ha cercato di convincere il Messico a schierarsi con l’Ucraina.
Spie russe oltre il Rio Grande
Le frasi di Koronelli, di Gómez o degli esponenti del Partito del lavoro non devono però trarre in inganno: ci sono sì degli interessi economici (la presenza della società petrolifera LUKoil o della compagnia aerea Aeroflot) ma non esiste un allineamento politico tra Russia e Messico paragonabile, ad esempio, a quello tra Mosca e L’Avana o Caracas. Per quanto la relazione bilaterale possa essere burrascosa, sia da una parte che dall’altra, il Messico è alleato degli Stati Uniti e parte integrante della catena industriale nordamericana.
Proprio per via di questi legami politici, economici e geografici, il Messico sarebbe il paese con il numero più alto di spie russe sul suo territorio. Lo ha detto il generale americano Glen VanHerck, a capo del Comando settentrionale. Obiettivo degli agenti segreti russi, che si muovono nel quadro di corruzione alimentato dai gruppi criminali messicani, è la raccolta di informazioni sensibili e l’ingerenza nelle decisioni politiche degli Stati Uniti. López Obrador ha specificato di non essere in possesso di informazioni che confermino le parole del generale.
Cosa interessa davvero al Messico
Il disinteresse di López Obrador per il mondo al di fuori dei confini nazionali è tale che ha utilizzato la crisi ucraina per criticare Washington su una questione che gli sta invece molto a cuore, ma che è completamente scollegata: i fondi statunitensi per lo sviluppo dell’America centrale e del Messico meridionale. L’amministrazione di Joe Biden intende investire 4 miliardi di dollari in queste zone per migliorare le condizioni di vita in queste zone e ridurre l’emigrazione verso nord.
Il presidente messicano si è lamentato del fatto che gli Stati Uniti hanno approvato rapidamente un pacchetto di assistenza (anche militare) all’Ucraina per aiutarla a resistere all’invasione, mentre il sostegno ai centroamericani è in stallo. “La relazione [con gli Stati Uniti] è molto buona”, ha commentato López Obrador, “ma c’è anche molta burocrazia”.