Nicola Sturgeon è accusata dall'ex premier scozzese di far parte di una cospirazione contro di lui. L'accusa potrebbe indebolire la causa indipendentista
Nicola Sturgeon è accusata dall’ex premier scozzese di far parte di una cospirazione contro di lui. L’accusa potrebbe indebolire la causa indipendentista
Dopo la Brexit in molti hanno guardato alla Scozia. Se nel 2014 il referendum per l’indipendenza aveva ottenuto quasi il 45% dei voti, che succederà se lo Scottish National Party tornerà a porre il quesito agli scozzesi? Non lo sappiamo: sebbene i sondaggi assegnino al Sì un 48%, il 9% degli elettori rimane indeciso. È pur vero che gli ultimi sondaggi di allora erano stati precisi, assegnando la vittoria di misura al No.
Ma il punto non è tanto o non solo questo: a complicare il destino della Scozia ci si sono messe le beghe interne allo Scottish National Party guidato da Nicola Sturgeon, che tra il 2017 e il 2019 è passato dal 39% al 47% dei consensi e oggi, grazie alla popolarità della premier scozzese e a una buona gestione della pandemia, viaggerebbe attorno al 53%.
Le accuse di Alex Salmond
Lo scontro interno riguarda una vicenda che coinvolge il precedente leader scozzese Alex Salmond, che ha guidato il partito per 20 anni (con una pausa di 5) e portato l’SNP sopra il 20%. Niente di paragonabile con il successo di Sturgeon, divenuta leader dopo il primo referendum.
Cosa succede? Che Salmond è stato accusato di molestie sessuali da diverse persone e, dopo aver ammesso una relazione extraconiugale e un comportamento inappropriato, è stato assolto dalle accuse. Quel che conta per il destino della Scozia, ed è oggetto di inchiesta da parte del Parlamento scozzese, non sono le accuse a Salmond, ma quelle che l’ex leader dell’SNP rivolge al suo partito e le testimonianze sul caso fornite dalla stessa Sturgeon.
L’ex Primo Ministro di Scozia accusa infatti i suoi ex compagni di aver cospirato per distruggere la sua reputazione “fino al punto di farmi imprigionare”. Salmond sostiene che ad aver complottato contro di lui ci siano Peter Murrell, marito di Sturgeon e figura chiave del partito, così come Liz Lloyd, capo dello staff della premier scozzese. L’ex leader avrebbe dovuto testimoniare a Holyrood, la sede del Parlamento a Edimburgo, ma ha deciso di rimandare dopo che una parte di prove sono state espunte dal dossier che aveva preparato.
I possibili risvolti del caso
La vicenda presenta lati oscuri: le inchieste giudiziarie sono il frutto di un’indagine nata all’interno del Parlamento – che ha modificato le regole per aprire indagini sui comportamenti degli eletti sulla spinta di #MeToo. L’indagine parlamentare venne archiviata come inappropriata perché venne fuori la figura incaricata delle indagini aveva incontrato le accusatrici prima delle denunce. Sturgeon dovette dichiarare che l’inchiesta era “inquinata da probabili pregiudizi”. Il complotto sarebbe insomma quello di far fuori Salmond una volta e per tutte dalla vita politica dell’SNP.
Sturgeon è a sua volta nei guai perché avrebbe mentito o fornito informazioni parziali al Parlamento sulla data in cui ha saputo delle accuse a Salmond e sui contatti avuti con lo stesso per parlare del caso. La questione, oltre a corroborare l’ipotesi di complotto, ha una rilevanza più grande. Se Sturgeon avesse mentito al Parlamento, avrebbe infranto il codice di condotta per i Ministri del Governo scozzese e dovrebbe rassegnare le dimissioni. La premier scozzese nega e ha promesso di presentarsi al comitato che indaga per testimoniare.
Quel che è importante, per noi in Europa, non è tanto cosa sia davvero successo, quanto la possibilità che Sturgeon si dimetta. La popolarità della causa indipendentista è anche legata alla sua figura e uno scandalo come questo ne rovinerebbe l’immagine. Non solo, l’SNP si troverebbe senza leader o invischiato in una battaglia per la successione e il referendum, previsto nel caso il partito vinca una maggioranza assoluta alle elezioni locali del prossimo maggio, si allontanerebbe. E con esso la possibilità che la Brexit riguardi solo una parte del Regno Unito.
Dopo la Brexit in molti hanno guardato alla Scozia. Se nel 2014 il referendum per l’indipendenza aveva ottenuto quasi il 45% dei voti, che succederà se lo Scottish National Party tornerà a porre il quesito agli scozzesi? Non lo sappiamo: sebbene i sondaggi assegnino al Sì un 48%, il 9% degli elettori rimane indeciso. È pur vero che gli ultimi sondaggi di allora erano stati precisi, assegnando la vittoria di misura al No.
Ma il punto non è tanto o non solo questo: a complicare il destino della Scozia ci si sono messe le beghe interne allo Scottish National Party guidato da Nicola Sturgeon, che tra il 2017 e il 2019 è passato dal 39% al 47% dei consensi e oggi, grazie alla popolarità della premier scozzese e a una buona gestione della pandemia, viaggerebbe attorno al 53%.
Le accuse di Alex Salmond
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