Il rapporto della Commissione di revisione economica e di sicurezza Usa-Cina invita Washington a rafforzare la propria deterrenza militare verso Pechino attraverso lo schieramento e l’invio di armi nell’Indo-Pacifico a tutela di Taiwan
Il vertice virtuale tra Joe Biden e Xi Jinping potrà aiutare a razionalizzare la competizione tra Stati Uniti e Cina, ma non cambierà la sostanza delle cose. Su questioni cruciali come Taiwan, ad esempio – il Paese-isola rivendicato da Pechino ma che Washington considera un importante alleato, pur tra qualche ambiguità –, le due superpotenze rimangono ferme sulle loro posizioni: la Repubblica popolare continua a volere la riunificazione, l’America il mantenimento dello status quo.
È rilevante, allora, il rapporto che la Commissione di revisione economica e di sicurezza Usa-Cina – United States-China Economic and Security Review Commission (USCC): è stata istituita nel lontano 2000 per anticipare le minacce cinesi agli interessi americani – ha presentato al Congresso mercoledì scorso. Il documento contiene suggerimenti su molti temi, a cominciare proprio da Taiwan, a cui gli Stati Uniti – si legge – dovrebbero destinare fondi appropriati per l’acquisto di equipaggiamenti di difesa che disincentivino eventuali aggressioni da parte di Pechino. Le tensioni intorno all’isola, con le frequenti incursioni cinesi nello spazio aereo e le esercitazioni di sbarco, sono forti. L’USCC invita allora Washington ad autorizzare lo schieramento di grandi quantità di missili balistici e antinave nell’Indo-Pacifico, oltre a “indurire” le sue basi militari nella regione.
I caccia di Taiwan
Proprio giovedì la Presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha lodato la cooperazione sulla difesa con gli Stati Uniti in occasione della presentazione del primo squadrone di caccia F-16V: si tratta di aerei da combattimento modello F-16 aggiornati con tecnologie americane (se ne è occupata Lockheed Martin). Sono dotati di nuovi sistemi radar, avionici e d’arma pensati per rispondere ai caccia stealth cinesi J-20. E possono trasportare gli AIM-9 Sidewinder, i missili aria-aria avanzati di Raytheon.
L’aeronautica taiwanese è moderna e ben addestrata, e la sua flotta di F-16 (che supererà le duecento unità) è la più grande in Asia; numericamente, però, le forze di Taipei non possono competere con quelle di Pechino.
L’ambiguità è controproducente?
La politica dell’America nei confronti di Taiwan è molto particolare: pur essendone la principale sostenitrice internazionale e fornitrice di armi, non vi intrattiene rapporti diplomatici ufficiali (aderisce alla dottrina della “Unica Cina”) e non è chiaro se interverrà in sua difesa in caso di attacco da Pechino.
Secondo l’USCC, questa ambiguità strategica è però controproducente. “Una mancanza di chiarezza nella politica degli Stati Uniti”, afferma il rapporto, “potrebbe contribuire a un fallimento della deterrenza qualora i leader cinesi” dovessero convincersi che “un’aggressione opportunistica contro Taiwan potrebbe non provocare una risposta rapida o decisiva da parte degli Stati Uniti”.
Trionfalismo e sfide interne
Un altro passaggio interessante è quello nel quale l’USCC prevede una postura maggiormente aggressiva della Cina all’estero a causa dello squilibrio tra la retorica “trionfalista” del Partito comunista e le “sfide” interne come l’inflazione o il debito. Le “tensioni” tra questi due aspetti potrebbero cioè indurre Pechino a “reagire in maniera aggressiva o per difendersi da minacce percepite, oppure per premere sui vantaggi percepiti”.
La Commissione raccomanda poi agli Stati Uniti di proseguire nella modernizzazione degli armamenti nucleari in modo da prevenire l’erosione della superiorità nei confronti della Cina, che sta facendo progressi in questo campo. Secondo il dipartimento della Difesa americano, entro il 2030 Pechino avrà a disposizione mille testate: un’accelerazione notevole, ma il numero è comunque nettamente inferiore a quello statunitense. L’USCC pensa che l’accrescimento dell’arsenale da parte della Repubblica popolare andrà a sostenere una “nuova strategia di first use nucleare limitato”.
Al di là della difesa in senso stretto, l’USCC pensa che l’America dovrebbe disincentivare gli investimenti in società finanziarie cinesi, assicurarsi che il meccanismo di controllo delle esportazioni sia rispettato, aumentare le restrizioni verso il complesso industriale-militare di Pechino, mettere al bando i prodotti provenienti dallo Xinjiang ed evitare la delocalizzazione nel Paese delle filiere critiche per la sicurezza nazionale ed economica.
Il rapporto della Commissione di revisione economica e di sicurezza Usa-Cina invita Washington a rafforzare la propria deterrenza militare verso Pechino attraverso lo schieramento e l’invio di armi nell’Indo-Pacifico a tutela di Taiwan