A Ginevra si sono riunite le due delegazioni per discutere di nucleare. L’incontro tra Biden e Putin del mese scorso è servito a rilanciare il dialogo in un momento di forte crisi dovuta alle sanzioni e agli attacchi informatici
Le delegazioni americana e russa, guidate rispettivamente da Wendy Sherman (vicesegretaria di Stato) e da Sergei Ryabkov (viceministro degli Esteri), si sono riunite mercoledì a Ginevra per discutere di controllo delle armi nucleari. Russia e Stati Uniti sono le due nazioni che possiedono gli arsenali atomici più grandi al mondo, e già questo basterebbe a rendere notiziabile il loro incontro. Incontro che, peraltro, giunge in un momento di forte crisi nei rapporti tra Washington e Mosca, tra attacchi informatici (che potrebbero condurre “a un vero conflitto armato”) e sanzioni economiche. Il vertice – sempre a Ginevra – tra i Presidenti Joe Biden e Vladimir Putin non ha rivoluzionato il quadro generale, ma può aver creato l’occasione per una ripartenza dei contatti.
In effetti il summit tra Biden e Putin è servito a concordare proprio il lancio del dialogo sulla stabilità strategica, che ha l’ambizione di “porre le basi per misure future di controllo degli armamenti e di riduzione del rischio”. Nonostante questo, difficilmente i negoziati condurranno a esiti significativi: i punti di disaccordo tra Stati Uniti e Russia sono tanti, senza contare il clima di profonda sfiducia reciproca.
La tattica di Biden tra Russia e Cina
Lo scorso febbraio i due Paesi hanno deciso di estendere per cinque anni il trattato bilaterale New START per la riduzione delle testate nucleari. Il rinnovo era considerato a rischio per via dell’opposizione dell’ex Presidente americano Donald Trump, che voleva che anche la Cina – potenza nucleare in espansione e principale rivale degli Stati Uniti – sottostesse ai termini del patto.
Pechino è nella mente anche di Joe Biden, che vuole le stesse cose della precedente amministrazione ma intende raggiungerle in modo diverso. Trump ha ordinato il ritiro americano da alcuni accordi per il controllo dei missili e delle attività militari (l’INF e quello sui Cieli aperti) perché pensava che limitassero le capacità degli Stati Uniti e li mettessero in una posizione di svantaggio nei confronti della Cina, che non doveva sottostare alle stesse restrizioni, non facendo parte di quei trattati. Biden, invece, non vuole smantellare l’architettura di monitoraggio degli armamenti ma ripartire dai colloqui con la Russia per poi ampliarli e arrivare a includere la Cina. Anche Mosca è favorevole ad allargare i colloqui sulle armi nucleari, ma alla Francia e al Regno Unito (la preoccupa l’aumento delle testate in funzione anti-russa previsto dalla strategia “Global Britain”).
Russia e America faticheranno a trovare un accordo perché partono da due posizioni contrastanti. La seconda schiera scudi missilistici nell’Europa dell’est come forma di deterrenza verso Mosca; la prima li considera una minaccia e sostiene di essere costretta a sviluppare nuovi tipi di armi, le cui caratteristiche stravolgono tutti i vecchi paradigmi. Giusto la settimana scorsa la Russia ha annunciato di aver testato con successo il missile ipersonico Zircon, che sarebbe capace di viaggiare a una velocità sette volte superiore a quella del suono e di colpire a grandi distanze.
La Cina e le armi nucleari
Oltre alla Russia e agli Stati Uniti, anche la Cina sta investendo molto sulla tecnologia ipersonica, per adeguare le sue capacità militari alle ambizioni economiche e di influenza globale. Non solo: le immagini satellitari contenute in un recente rapporto della Federazione degli scienziati americani (un’organizzazione che si occupa principalmente di sorvegliare le armi atomiche) mostrano che Pechino sta accrescendo anche la sua potenza nucleare. Sta costruendo centinaia di nuovi silos, cioè delle strutture per lanciare missili, nei pressi delle città di Hami e di Yumen.
Come nota il New York Times, questi silos sono stati realizzati apposta per essere scoperti, e potrebbero pertanto essere parte di uno stratagemma negoziale: la Cina, in altre parole, è consapevole che prima o poi verrà trascinata dentro i negoziati per il controllo delle armi strategiche, e si prepara a trattare da una posizione di forza. Stando alle stime del Pentagono americano, l’arsenale nucleare cinese si compone di circa duecento testate ma raddoppierà nei prossimi anni. È comunque meno di un quinto di quelle dispiegate da Stati Uniti e Russia. Da Pechino si dicono pronti a partecipare a dialoghi sugli armamenti, ma in forma bilaterale e “sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco”.