Cile: il prossimo 25 ottobre si terrà il referendum costituzionale. Si vota per un nuovo patto sociale che promuova una maggiore uguaglianza materiale
Felipe corre con la sua bicicletta per le strade di Santiago. In viso un passamontagna contro il freddo, sulle spalle un grande zaino da campeggio pieno di forme di pane. Prima della pandemia era professore di teatro e barista. La scuola non gli ha rinnovato il contratto, la caffetteria ha chiuso, ha lasciato la stanza in affitto ed è tornato dalla madre. Non aveva diritto a ricevere sussidi di disoccupazione, così su YouTube ha imparato a fare il pane con lievito madre e dopo qualche settimana ha cominciato a rifornire amici e vicini. “Il pane mi viene bene, ho ereditato la passione della cucina da mia nonna” e oggi ha una piccola rete di clienti. Per ogni pane guadagna come per un’ora di lezione di teatro, 3euro e 30 circa “Non diventerò ricco, però almeno gestisco il debito che ho dovuto fare per laurearmi”.
Le proteste di piazza
Felipe è uno del milione e mezzo di cileni che scese in piazza il 25 ottobre 2019 pretendendo una nuova Costituzione, per superare il testo adottato nel 1980, durante la dittatura di Pinochet. Per i manifestanti, la carta vigente legittima il sistema socioeconomico del regime militare, un modello neoliberista puro, dove lo Stato interviene quando “non ci sono imprese private che possano o siano interessate a soddisfare una necessità” spiega Claudia Heiss, direttrice del corso di Scienza Politica della Universidad de Chile.
La piazza chiedeva un nuovo patto sociale, fondato su maggiore uguaglianza politica e materiale, e ottenne la convocazione del referendum costituzionale. Poi arrivò il Covid-19 e il voto venne rinviato al prossimo 25 ottobre. La quarantena ha svuotato le piazze colme nei mesi di protesta, ma le code per ricevere i sussidi, le morti senza cura nella sanità pubblica, le famiglie cadute in povertà, hanno rinvigorito la domanda di un nuovo patto sociale.
“I cileni ricchi vivono come i ricchi in Germania, i poveri come in Mongolia” nota Branko Milanovic, ex capo economista della Banca Mondiale. La richiesta di una nuova Costituzione si fonda innanzitutto sulla riduzione della forbice della disuguaglianza. Il Cile a lungo è stato considerato la tigre dell’America Latina, membro del club Ocse grazie a un Pil pro capite di 2.000 USD al mese. I dati macroeconomici nascondono “il codice genetico molto latinoamericano del paese” spiega l’economista Dante Contreras, cioè la disuguaglianza: il 50% dei lavoratori guadagna meno di 520 USD e il 28% della forza lavoro è informale.
La riforma previdenziale
Per le strade di Santiago è comune vedere persone della terza età vendere sopapillas, buonissime frittelle di zucca, fazzoletti, frutta. Attività necessarie per integrare le misere pensioni, metà delle quali inferiore a 227 USD, erogate dal sistema AFP – l’acronimo sta per “gestori di fondi pensione” – modello a capitalizzazione individuale, alimentato unicamente dai contributi del lavoratore.
La riforma previdenziale è una delle aspettative maggiori per il Cile che verrà. A luglio scorso, in uno dei momenti più duri della quarantena – con una contrazione del Pil su base annuale del 7.9% e la povertà in aumento del 5.7%, seconde le stime della CEPAL – un voto trasversale in Parlamento approvò la possibilità di ritirare fino al 10% del fondo pensione, assestando un colpo durissimo alla logica del sistema AFP. “Non esiste un sistema di pensioni in Cile, esiste un mercato obbligatorio del risparmio” spiega l’economista Andras Uthoff “per chi ha un impiego stabile e alti salari, il sistema funziona bene. Ma la realtà è fatta di salari bassi, occupazioni precarie, disoccupazione”. “È il momento di seppellire le AFP e costruire un modello di sicurezza sociale universale” conclude Marco Kremerman, economista della Fundacion Sol.
Durante la Settimana Santa, Cristóbal Kaufmann, fondatore di Mercedes-Benz Cile, tentò la fuga dalla quarantena con il suo elicottero privato. Fu uno dei tanti segnali che rafforzarono la percezione della frattura élite-popolo che divide il Cile. Politica e affari in Cile sono il romanzo di vita di un gruppo ristretto: 543 famiglie detengono il 10.1% della ricchezza, il 60% dei ministri dell’attuale governo ha studiato in sei licei – privati, cattolici e situati nei quartieri ricchi di Santiago – numerosi sono i legami parentali dentro l’élite politico-imprenditoriale e le porte girevoli garantiscono sempre un posto al sole ai pochi che accedono ai piani alti del potere.
Le iniziative cittadine
Uno degli slogan delle manifestazioni di ottobre era “Chile despertó”, a indicare il risveglio di un popolo che non accetta più una democrazia governata da poche famiglie. Il referendum serve come “momento di sovranità popolare per sanare la distanza tra istituzioni e cittadini” ragiona il costituzionalista cileno Fernando Atria, il voto può dare nuova legittimità alle screditate istituzioni – partiti, tribunali e Parlamento – che nel 2018 raccoglievano meno del 10% della fiducia dei cileni, secondo i dati del PNUD.
“El Pueblo ayuda al pueblo” è uno degli slogan che ha stigmatizzato l’assenza dello Stato e accompagnato iniziative cittadine, come le ollas comunes, pasti condivisi tra vicini durante la quarantena, “reazioni alla precarietà delle famiglie e alla mercificazione dei diritti elementari” racconta il giornalista González Farfán. I cileni infatti devono gestire un’enorme mole di debiti, il 74,5% del reddito familiare, poiché si indebitano per studiare, ma anche con i supermercati e le farmacie. Felipe ricorda quando nel suo anno di studio a Madrid rimase “senza parole con la mia coinquilina italiana che si lamentava perché il suo salario non le permetteva di risparmiare. Non mi ero mai posto il problema, è semplicemente impossibile risparmiare in Cile. Tornato a Santiago ho vissuto una crisi esistenziale, mi resi conto che lavoravo per pagare i debiti e nulla più”.
Il debito pubblico
Il vertiginoso debito privato è l’altra faccia del basso debito pubblico, il 28% del Pil, uno dei minori della regione, grazie ai servizi minimi che lo Stato offre. “Covid-19 ha reso evidenti le debolezze del progetto costituzionale della dittatura, per cui lo Stato svolge un ruolo minimo nell’economia e la disuguaglianza è l’esito inevitabile della competizione umana che genera vincitori e vinti. “Sulla base di questa idea, istruzione e salute sono visti come beni di mercato, non beni pubblici” spiega Heiss “ricchi e i poveri non vanno negli stessi ospedali né nelle stesse scuole, il Paese è segmentato per capacità di spesa. Siamo clienti e non cittadini. Questa è la conseguenza dello Stato sussidiario. Ed è ora di superarlo”.
Il sistema sanitario
“Ci serve un sistema di sanità pubblica più robusto. La pandemia mostra l’urgenza di superare la divisione tra il privato Isapre e il pubblico Fonasa” segnala Izkia Siches, la giovane di discendenza Aymara Presidente del Collegio Medico nazionale, commentando, il tasso di mortalità per Covid-19: è doppio negli ospedali pubblici di Santiago rispetto a quello delle cliniche private. Santiago, secondo The Lancet, è la capitale latinoamericana più diseguale per aspettativa di vita: nei settori ricchi del nord-est una donna vive fino a diciotto anni in più rispetto a una che vive nei settori poveri dell’ovest.
L’incertezza per il voto del 25 ottobre è legata alla situazione sanitaria nel Paese. Claudia Heiss indica che “le soluzioni tecniche per un voto sicuro esistono, basta aumentare i seggi e i giorni del voto. Il problema è politico, una bassa partecipazione al voto sarebbe un primo passo falso per il cammino costituente. Serve che la cittadinanza si appropri della Costituzione, per lasciarsi alle spalle l’eredità di Pinochet e costruire un patto sociale che sia, finalmente, davvero democratico” conclude Claudia Heiss.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
Felipe corre con la sua bicicletta per le strade di Santiago. In viso un passamontagna contro il freddo, sulle spalle un grande zaino da campeggio pieno di forme di pane. Prima della pandemia era professore di teatro e barista. La scuola non gli ha rinnovato il contratto, la caffetteria ha chiuso, ha lasciato la stanza in affitto ed è tornato dalla madre. Non aveva diritto a ricevere sussidi di disoccupazione, così su YouTube ha imparato a fare il pane con lievito madre e dopo qualche settimana ha cominciato a rifornire amici e vicini. “Il pane mi viene bene, ho ereditato la passione della cucina da mia nonna” e oggi ha una piccola rete di clienti. Per ogni pane guadagna come per un’ora di lezione di teatro, 3euro e 30 circa “Non diventerò ricco, però almeno gestisco il debito che ho dovuto fare per laurearmi”.
Le proteste di piazza
Felipe è uno del milione e mezzo di cileni che scese in piazza il 25 ottobre 2019 pretendendo una nuova Costituzione, per superare il testo adottato nel 1980, durante la dittatura di Pinochet. Per i manifestanti, la carta vigente legittima il sistema socioeconomico del regime militare, un modello neoliberista puro, dove lo Stato interviene quando “non ci sono imprese private che possano o siano interessate a soddisfare una necessità” spiega Claudia Heiss, direttrice del corso di Scienza Politica della Universidad de Chile.
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