Sud-est asiatico in ritardo sull’intelligenza artificiale
Intelligenza artificiale: il Sud-est asiatico è ancora troppo indietro negli investimenti rispetto alla Cina, con un'unica eccezione. Ma cosa rende il gruppo Asean così attraente?
Intelligenza artificiale: il Sud-est asiatico è ancora troppo indietro negli investimenti rispetto alla Cina, con un’unica eccezione. Ma cosa rende il gruppo Asean così attraente?
Secondo un rapporto della società di consulenza Kearney e dell’agenzia di investimento singaporiana Edbi, pubblicato giovedì scorso, il Sud-est asiatico è ancora troppo indietro sugli investimenti nell’intelligenza artificiale rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
Se i dieci Paesi dell’Asean (l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico) riducessero questo ritardo, potrebbero aggiungere circa un migliaio di miliardi di dollari al Pil regionale entro il 2030. Il rapporto evidenzia però che, dal 2015 al 2019, il Sud-est asiatico ha ricevuto in media investimenti in soluzioni di intelligenza artificiale per appena 2 dollari pro capite, contro i 155 dollari negli Stati Uniti e i 21 in Cina (che ha una popolazione molto più grande).
L’unico Paese a spiccare è Singapore, la cui economia ha un alto grado di digitalizzazione, con investimenti pro capite per 68 dollari nel 2019. Al contrario, Thailandia, Malaysia, Indonesia, Vietnam e Filippine sono al di sotto di 1 dollaro.
La corsa all’intelligenza artificiale
Attorno all’intelligenza artificiale – e anche attorno al 5G – si combatte una guerra geopolitica tra le principali potenze globali, tutte interessate a garantirsi il primato sulle nuove tecnologie: lo scontro è soprattutto tra Stati Uniti e Cina, ma anche l’Unione europea ambisce a questa leadership.
I sistemi di intelligenza artificiale – le “macchine intelligenti”, semplificando molto – trasformeranno le economie, rivoluzionando ad esempio la produzione manifatturiera e garantendo alle nazioni leader in questo campo un vantaggio competitivo sulle altre. Senza dimenticare le applicazioni militari.
L’importanza del Sud-est asiatico per gli Usa
Proprio il Sud-est asiatico è stato spesso descritto come la regione che più ha tratto beneficio dalla guerra tecnologica e commerciale tra Washington e Pechino.
Gli Stati Uniti stanno mettendo pressione alle proprie aziende affinché lascino la Cina e trasferiscano la produzione manifatturiera altrove, magari riportandola in patria. Per Washington si tratta di una questione di sicurezza nazionale, perché avvertono la dipendenza economica e logistica da Pechino come un pericolo.
Per le aziende americane, però, il distacco (decoupling) dalla Cina non è un’operazione facile: il Paese offre un contesto favorevole alla produzione, con ottime infrastrutture e una forza lavoro qualificata e numerosa. Quelle che si sono trasferite, tuttavia, hanno scelto come destinazione principale il Sud-est asiatico: ci sono anche i colossi tecnologici Apple e Google e i loro fornitori di componentistica.
La riforma del lavoro in Indonesia
Il ri-orientamento delle filiere tecnologiche dalla Cina al Sud-est asiatico – e in particolare in Vietnam – precede lo scoppio della guerra commerciale, ma di sicuro ha ricevuto un’accelerazione con l’inasprirsi delle tensioni geopolitiche e con la crisi del coronavirus. E sta causando una competizione tra i Paesi della regione, ciascuno interessato a proporsi alle aziende straniere come il più conveniente in cui delocalizzare.
L’ampia riforma del lavoro recentemente approvata in Indonesia, e molto contestata, si inserisce in questo quadro generale. Secondo gli oppositori, la riforma prevede minori garanzie per i lavoratori e regole più lasche sulla tutela ambientale. Secondo il Governo, invece, la riforma migliorerà l’attrattività del Paese per gli investitori esteri rispetto a Malaysia, Thailandia e Vietnam.
Il Sud-est asiatico per la Cina
Anche la Cina ha un forte interesse per il Sud-est asiatico, innanzitutto economico: il blocco Asean è il suo primo partner commerciale, nonostante non manchino le tensioni (come nel Mar cinese meridionale).
Il Sud-est asiatico è interessante anche per le aziende tecnologiche cinesi, che seguono con attenzione la crescita della diffusione di Internet tra la popolazione. E vi stanno investendo, ovviamente: Stefano Venza scrive sul China Files che “nei primi mesi del 2019 l’intero panorama hi-tech cinese ha investito una somma pari 1,8 miliardi di dollari nelle start-up di Vietnam, Thailandia, Indonesia”. Il mese scorso il gigante tech cinese Tencent ha annunciato l’apertura di un ufficio a Singapore che fungerà da hub per tutta la regione.
La Cina potrebbe accrescere la sua presenza nel Sud-est asiatico esportandovi le sue tecnologie di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale e per la pianificazione urbana (smart city), che sta già applicando in patria.
Intelligenza artificiale: il Sud-est asiatico è ancora troppo indietro negli investimenti rispetto alla Cina, con un’unica eccezione. Ma cosa rende il gruppo Asean così attraente?
Secondo un rapporto della società di consulenza Kearney e dell’agenzia di investimento singaporiana Edbi, pubblicato giovedì scorso, il Sud-est asiatico è ancora troppo indietro sugli investimenti nell’intelligenza artificiale rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
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