La compagnia mineraria cilena Codelco vuole aumentare le vendite di rame nel Sud-est asiatico e in India per diversificare i propri mercati di destinazione. E la giapponese Panasonic aderisce a un progetto americano
I grandi eventi geopolitici possono sembrare astratti, ma in realtà hanno degli effetti molto concreti anche sulla vita quotidiana. La rivalità sistemica tra Stati Uniti e Cina, per esempio, combinata all’impatto negativo del coronavirus sulle catene di approvvigionamento, ha portato i Governi – dall’Europa al Giappone all’America, ovviamente – a investire nella creazione di filiere più corte e sicure, in modo da ridurre l’esposizione al rischio di nuovi blocchi alle forniture dei prodotti critici per la sicurezza nazionale. Tra questi prodotti ci sono i dispositivi medicali, i componenti come i microchip e i metalli necessari alla produzione di veicoli elettrici e di impianti per le fonti rinnovabili, al centro della maggior parte dei piani di ripresa economica elaborati nel mondo.
La transizione energetica ha reso necessaria una rivoluzione industriale e, di conseguenza, un riassetto delle filiere. Il quale non può prescindere dal contesto politico internazionale, dominato dalla competizione tra Washington e Pechino. Questo macro-processo di risistemazione delle supply chains è la somma di tanti annunci apparentemente piccoli, eppure significativi.
L’influenza della geopolitica
Mercoledì, ad esempio, la compagnia mineraria statale del Cile, la Codelco, ha detto a Reuters di avere intenzione di aumentare le vendite di rame – serve a costruire i veicoli elettrici e i cavi che collegheranno i parchi rinnovabili alla rete; il Cile ne è il maggiore produttore al mondo – nel Sud-est asiatico e in India.
Codelco lo fa per ragioni di profitto, innanzitutto: attualmente il Sud-est asiatico e l’India valgono l’8% del consumo globale di rame raffinato, ma nel 2040 rappresenteranno oltre il 20%. Ma lo fa anche per ragioni politiche: oggi il maggiore acquirente della compagnia è la Cina, che però ha intenzione di diminuire le importazioni di rame per potenziare le capacità produttive domestiche. Se Pechino spinge tanto sull’autosufficienza è anche per rispondere al tentativo di Washington di impedirle di accedere ai materiali strategici: soprattutto chip, ma tra le due superpotenze c’è una sfida anche sulle energie pulite, e queste filiere finiranno per subire le stesse pressioni riservate a quelle per il 5G.
La geopolitica, quindi, impone a un’azienda come Codelco di diversificare i propri mercati di destinazione. La società dichiara di voler accrescere i flussi di rame verso gli Stati Uniti e di voler istituire dei rapporti di lungo termine con clienti in Europa e in Asia.
Panasonic: la corsa al litio
Un’altra notizia ascrivibile a questa tendenza è l’adesione di Panasonic, azienda giapponese di elettronica, a un progetto coordinato dalla società americana di servizi petroliferi Schlumberger per estrarre litio negli Stati Uniti. Il litio è un metallo necessario alla fabbricazione delle batterie per le auto elettriche: la Cina controlla da sola il 69% della produzione mondiale di batterie al litio e il 61% della raffinazione del metallo.
Non è strano, dunque, che gli Stati Uniti cerchino di rendersi autonomi, anche perché il Presidente Joe Biden punta molto sulla mobilità elettrica per realizzare i suoi obiettivi climatici. Panasonic si occuperà allora di esaminare i valori del litio estratto dalle acque sotterranee in Nevada e valutare se sia adatto alla produzione di batterie.
La scelta del Nevada non è casuale: è qui che si trova la Gigafactory 1 di Tesla, la grande fabbrica di batterie gestita assieme proprio a Panasonic. Una filiera corta riduce il rischio di “intoppi” e di ritorsioni politiche, oltre a far abbassare i costi della logistica.
La compagnia mineraria cilena Codelco vuole aumentare le vendite di rame nel Sud-est asiatico e in India per diversificare i propri mercati di destinazione. E la giapponese Panasonic aderisce a un progetto americano
I grandi eventi geopolitici possono sembrare astratti, ma in realtà hanno degli effetti molto concreti anche sulla vita quotidiana. La rivalità sistemica tra Stati Uniti e Cina, per esempio, combinata all’impatto negativo del coronavirus sulle catene di approvvigionamento, ha portato i Governi – dall’Europa al Giappone all’America, ovviamente – a investire nella creazione di filiere più corte e sicure, in modo da ridurre l’esposizione al rischio di nuovi blocchi alle forniture dei prodotti critici per la sicurezza nazionale. Tra questi prodotti ci sono i dispositivi medicali, i componenti come i microchip e i metalli necessari alla produzione di veicoli elettrici e di impianti per le fonti rinnovabili, al centro della maggior parte dei piani di ripresa economica elaborati nel mondo.