Nella telefonata a Johnson, Biden ha proposto un'alternativa alla BRI guidata da nazioni democratiche. Ecco quali potrebbero essere i piani Usa per le infrastrutture e l'energia
Nella telefonata a Johnson, Biden ha proposto un’alternativa alla BRI guidata da nazioni democratiche. Ecco quali potrebbero essere i piani Usa per le infrastrutture e l’energia
Venerdì scorso il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è arrivato a Teheran per la firma – ieri – di un accordo di cooperazione bilaterale dalla durata di 25 anni, che porta le relazioni tra Cina e Iran al livello di partnership strategica, aprendo la porta a investimenti sostanziosi da parte in Pechino in tutta una serie di settori chiave iraniani.
Sempre venerdì il Presidente americano Joe Biden ha telefonato al Primo Ministro britannico Boris Johnson e gli ha proposto “un’iniziativa simile” alla Belt and Road Initiative (BRI), il grande piano cinese di infrastrutture che è anche una piattaforma per l’espansione geopolitica di Pechino nel mondo.
Perché la BRI preoccupa gli Stati Uniti
Anche nota come Nuova via della seta, la BRI è innanzitutto un’iniziativa per la realizzazione di progetti di connettività – come porti, strade e infrastrutture digitali – attraverso l’Asia, l’Africa e l’Europa. È stata lanciata dal Presidente Xi Jinping nel 2013; verso la metà del 2020 risultavano oltre 2600 progetti per un valore complessivo di oltre 3500 miliardi di dollari. Più di cento Paesi – inclusa l’Italia, con un memorandum d’intesa nel 2019 – hanno firmato degli accordi di cooperazione con la Cina legati alla BRI.
La Nuova via della seta preoccupa gli Stati Uniti perché è molto più di un programma per lo sviluppo e per gli investimenti. Al di là delle questioni legate alla cosiddetta “trappola del debito”, la BRI è infatti uno strumento per la crescita dell’influenza economica e politica della Cina; è un progetto di globalizzazione alternativa a quella americana.
Nella telefonata a Boris Johnson, come raccontato dallo stesso Biden ai giornalisti, il Presidente americano ha “suggerito che dovremmo avere, essenzialmente, un’iniziativa simile” alla BRI, ma guidata da nazioni democratiche, per “aiutare quelle comunità in tutto il mondo che, di fatto, hanno bisogno di aiuto”. I princìpi guida, dunque, saranno probabilmente il libero commercio e l’accesso “aperto” ai servizi Internet.
I precedenti
Non è la prima volta che gli Stati Uniti pensano a una risposta alla BRI cinese. Solo lo scorso settembre Washington e Taiwan hanno rivelato un piano per il finanziamento di progetti infrastrutturali ed energetici in Asia e in America Latina, attraverso il coinvolgimento del settore privato.
A inizio 2018 il quotidiano australiano Australian Financial Review informò dell’esistenza di discussioni tra l’America, l’Australia, il Giappone e l’India – ovvero i membri del Quad, un forum informale sulla sicurezza – per l’elaborazione di uno schema regionale sulle infrastrutture che fungesse da alternativa alla BRI. Ma a Yoshihide Suga, allora capo di gabinetto e adesso Primo Ministro del Giappone, non piaceva l’idea di un’opposizione esplicita alla Cina.
Il Quad è oggi al centro della strategia asiatica dell’amministrazione Biden per il contenimento di Pechino. Proprio in quest’ottica va letta la recente collaborazione tra i quattro Paesi per la distribuzione di vaccini contro il coronavirus in Asia orientale, per porre un argine alla “diplomazia vaccinale” cinese.
Il piano di Biden sulle infrastrutture
Non è chiaro quale forma e contenuto prenderanno le parole di Biden a Johnson. Per contestualizzarle, oltre che ricordare i precedenti ed evidenziare il nesso temporale con la visita di Wang Yi in Iran, si possono anche sottolineare alcune dichiarazioni del Presidente americano durante la sua prima conferenza stampa, giovedì 25 marzo.
Biden ha detto di vedere “una forte concorrenza con la Cina. Loro hanno un obiettivo generale di diventare il Paese leader nel mondo, il Paese più ricco nel mondo e il Paese più potente nel mondo. Questa cosa non succederà sotto i miei occhi, perché gli Stati Uniti continueranno a crescere e a espandersi”.
Ancora non conosciamo con precisione la politica cinese di Joe Biden. Sappiamo che alcuni temi di fondo verranno ereditati dalla precedente amministrazione di Donald Trump. E sappiamo che metterà maggiore enfasi sui diritti umani e sul coordinamento con gli alleati affini, like-minded. Il Presidente ha detto infatti di avere intenzione di invitare “un’alleanza di democrazie” alla Casa Bianca “per discutere del futuro” e assicurarsi che ci sia allineamento verso la Cina.
La prossima settimana Biden dovrebbe inoltre presentare un piano sulle infrastrutture da migliaia di miliardi di dollari che servirà ad attrezzare l’America per la transizione energetica e per la competizione manifatturiera e tecnologica con la Cina. Il Presidente ha già parlato di investimenti inintelligenza artificiale, computer quantistici e biotecnologie.
Nella telefonata a Johnson, Biden ha proposto un’alternativa alla BRI guidata da nazioni democratiche. Ecco quali potrebbero essere i piani Usa per le infrastrutture e l’energia
Venerdì scorso il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è arrivato a Teheran per la firma – ieri – di un accordo di cooperazione bilaterale dalla durata di 25 anni, che porta le relazioni tra Cina e Iran al livello di partnership strategica, aprendo la porta a investimenti sostanziosi da parte in Pechino in tutta una serie di settori chiave iraniani.
Sempre venerdì il Presidente americano Joe Biden ha telefonato al Primo Ministro britannico Boris Johnson e gli ha proposto “un’iniziativa simile” alla Belt and Road Initiative (BRI), il grande piano cinese di infrastrutture che è anche una piattaforma per l’espansione geopolitica di Pechino nel mondo.
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